Tradimento confessato: separazione da addebitare al coniuge

Con ordinanza n. 25337/2015, depositata il 16 dicembre 2015, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emanata dalla Corte d’appello di Firenze avente ad oggetto sia la non tollerabilità del proseguimento del rapporto di convivenza dei coniugi, nell’ipotesi di confessione del tradimento, successivamente smentita nel corso del giudizio, sia l’addebitabilità della stessa al coniuge “traditore”.

La suddetta sentenza era stata impugnata con ricorso davanti alla Corte di Cassazione dal coniuge soccombente per due motivi, entrambi rigettati dai Giudici di legittimità.

In primis il coniuge ricorrente, la moglie nel caso di specie, affermava la violazione degli artt. 143 e 151 c.c. relativamente all’art. 360 n.5 c.p.c. per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Ebbene, tralasciando l’erronea qualificazione della censura, non essendo possibile far derivare il vizio di motivazione dal mancato rispetto di norme di diritto, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, asserendo che il medesimo era da considerarsi frutto di un’errata lettura della sentenza appellata. La Corte territoriale, infatti, non aveva voluto affermare che un ipotetico tradimento, confessato ma non accertato, potesse ritenersi causa di separazione ma, più semplicemente, che la confessione, seppur smentita, costituisse in realtà prova e conferma dell’esistenza di una relazione extraconiugale e, dunque, di violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale.

In secundis la moglie lamentava il venir meno dell’obbligo dell’altro coniuge a corrisponderle l’assegno di mantenimento.

La Corte ha rigettato anche questo motivo di ricorso, ritenendolo manifestamente infondato, nella misura in cui l’assegno di mantenimento non spetta al coniuge al quale è stata addebitata la separazione.