Diffamazione: la pronuncia della Cassazione sul requisito della divulgazione dell’offesa
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 29203, depositata il 4 luglio 2014, ha affermato che, nel reato di diffamazione ex art. 595 c.p., può integrare il requisito della comunicazione con più persone, oltre che l’esplicita volontà dell’autore del mittente/autore, anche la natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento che deve essere ex lege portato a conoscenza di altre persone, diverse dall’immediato destinatario, sempre che l’autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi.
Nel caso in esame il Tribunale di Firenze aveva assolto dal reato di diffamazione un avvocato accusato di aver offeso la reputazione di un collega in una memoria ex art. 415-bis c.p.p. Per il giudice di prime cure, infatti, essendo la memoria in questione indirizzata in via esclusiva al PM, mancava la destinazione alla divulgazione, richiesta ai fini dell’integrazione del reato ex art. 595 c.p.
Avverso tale sentenza di assoluzione ricorreva in Cassazione la parte civile, sostenendo che la memoria contenente la diffamazione sarebbe stata necessariamente letta, oltre che dal PM, anche dal GIP, in caso di richiesta di archiviazione, o dal giudice dibattimentale e da numerose altre persone in caso di rinvio a giudizio, per cui era irrilevante che la memoria fosse indirizzata solo al PM.
La Cassazione, nella sentenza in commento, ha accolto il ricorso presentato dalla parte civile, osservando come la memoria in questione, inserendosi nella fase successiva alla notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, necessariamente doveva essere portata a conoscenza di persone ulteriori rispetto al PM e dunque poteva ritenersi integrato nel caso di specie il requisito della comunicazione con più persone.
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