Danni da infiltrazioni: necessario ok condominio per resistere in giudizio

febbraio 20th, 2014|Articoli, Locazioni e condominio|

A causa del dilagare delle controversie in materia condominiale, recentemente novellata dalla Legge n. 220/2012, la Suprema Corte si è pronunciata sull’annoso dibattito della c.d. legittimazione passiva dell’amministratore di condominio, il quale è solo il mandatario dell’assemblea dei condomini, che a maggioranza l’ha nominato.

Oggi, con la sentenza n. 2859/2014, depositata il 07/02/2014, la Corte di Cassazione, Sezione II Civile, afferma che “in tema di condominio negli edifici, non rientra nelle competenze dell’amministratore di condominio, ex artt. 1130-1131 cod.civ., la resistenza nel giudizio promosso da un condomino (o da un terzo) ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dalle parti comuni”.

Tale pronuncia è assai interessante, da un lato perché non si rinvengono precedenti in materia, dall’altro perché conferma quale sia l’effettiva posizione della Suprema Corte sulla legittimazione passiva dell’amministratore.

Nel 2010, la Suprema Corte si è pronunciata sul tema della legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio per le materie non espressamente incluse tra quelle di sua competenza, sostenendo che “l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3 c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione” (Cass. Civ., Sezioni Unite, sent. n. 18331/2010).

Nel 2012, invece, la stessa Corte di Cassazione, con sent. n. 16901/2012 ha stabilito che “ai sensi dell’art. 1131, comma 2, cod. civ.,  la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relativa alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino”.

Dunque, sembrerebbe che dal 2010 al 2012 la Corte sia passata da una prima posizione, per cui l’amministratore, nelle materie non espressamente incluse tra quelle di sua competenza, per resistere in giudizio doveva farsi autorizzare dall’assemblea condominiale, ad una seconda posizione, per cui il potere dell’amministratore di resistere in giudizio è autonomo e senza “limiti”.

Invece, oggi la Suprema Corte, con un’inversione di marcia in materia, conferma quanto sostenuto già nel 2010, e quindi che, come qualunque mandatario, l’amministratore, nello specifico in tema di legittimazione passiva, non può avere carta bianca nel proprio operato, ma necessariamente deve essere autorizzato, se non nei casi espressamente previsti, dal mandante, id est il condominio.