Il carattere “solutorio” delle rimesse

agosto 3rd, 2012|Articoli, Diritto fallimentare|

La sentenza esprime il principio secondo cui le  rimesse effettuate dal fallito su di un conto corrente bancario a lui intestato hanno carattere solutorio quando sono effettuate per estinguere o ridurre un credito liquido ed esigibile della banca verso il correntista poi fallito. La natura della rimessa deve essere rilevata avendo riguardo alla situazione del conto corrente nel momento in cui è stato effettuato il versamento.

In particolare la Corte di Cassazione, con sentenza 6 novembre 2007, n. 23107, ha affermato che “Per valutare il carattere solutorio o ripristinatorio della rimessa, occorre riferirsi al saldo disponibile nel momento della singola rimessa, che non coincide né con il saldo per valuta, né con quello contabile delle operazioni risultanti dall’ estratto conto”.

Secondo la prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale le rimesse solutorie ricorrono  quando la rimessa è effettuata su di un conto “scoperto”, intendendosi per tale sia il conto non assistito da apertura di credito che presenti un saldo passivo e sia il conto divenuto scoperto a seguito di sconfinamento del fido convenzionalmente accordato al correntista, poiché in tal caso la rimessa ha una funzione solutoria e non meramente ripristinatoria della provvista.

Commento alla sentenza n.15252/2008 del Tribunale Civile di Roma

 

Studio Scicchitano