"Ottobre Fallimentare": proposte concorrenti, possono presentarle anche i creditori

Il Decreto Legge n. 83 del 27 giugno 2015 recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, convertito in legge con modifiche con la legge 6 agosto 2015, n. 132, ha introdotto sostanziali modifiche alla Legge Fallimentare in materia di concordato preventivo, accordo di ristrutturazione debiti e fallimento.

Di particolare rilievo, e quindi meritevoli di approfondita trattazione, appaiono le innovazioni introdotte relativamente all’individuazione dei soggetti legittimati a presentare la proposta concordataria ed il relativo piano.

Con l’art. 3 del D.L. in esame (“proposte concorrenti”) sono state apportate rilevanti modifiche agli artt. 163, 165, 172, 175, 177 e 185 della Legge Fallimentare, riguardanti la disciplina del concordato.

L’esame complessivo di tali modifiche rende evidente che esse sono state introdotte per consentire ai creditori concordatari di sottoporre all’assemblea dei creditori proposte di concordato alternative a quella presentata dal debitore. In tal modo i creditori potranno scegliere, tra le proposte concorrenti, quella a loro maggiormente favorevole.

Iniziando dalle modifiche apportate all’art. 163 L.F. va rilevata la significativa modifica della stessa rubrica di detto articolo da “Ammissione alla procedura” a “Ammissione alla procedura e proposte concorrenti”. Viene poi ampliato da trenta a centoventi giorni dalla data del decreto di ammissione il termine di fissazione dell’adunanza dei creditori.

Al riguardo va rilevato che il termine di trenta giorni precedentemente stabilito – e che secondo l’interpretazione corrente era da intendersi come termine ordinatorio – era effettivamente insufficiente ed in effetti, frequentemente, non veniva rispettato sia a causa dei carichi di lavoro dei Tribunali e sia della necessità di mettere a disposizione del commissario un termine più congruo per svolgere compiutamente e diligentemente le attività di sua competenza, soprattutto nelle procedure caratterizzate da notevole complessità.

Altra modifica di rilievo apportata dall’art. 3 del D.L. in esame all’art. 163 della Legge Fallimentare è l’introduzione di tre nuovi commi (quarto, quinto e sesto), che disciplinano l’istituto delle “proposte concorrenti” di nuova previsione.

La modifica prevede che uno o più creditori, che rappresentino almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’art. 161, comma 2 lettera a) della Legge Fallimentare, possono presentare – non oltre trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori – una proposta concorrente di concordato preventivo ed il relativo piano.

È precisato che, ai fini del computo del 10%, non debbono considerarsi né i crediti della società eventualmente controllante la società debitrice, né quelli delle società eventualmente controllate da quest’ultima, né quelli di società eventualmente sottoposte a comune controllo (nuovo quarto comma dell’art. 163 della Legge Fallimentare, introdotto dalla riforma).

Peraltro, in base al disposto del nuovo quinto comma dell’art. 163 L.F., introdotto dalla riforma, le proposte di concordato “concorrenti” di cui innanzi non sono ammissibili se – nella relazione di cui all’art. 161, terzo comma, Legge Fallimentare – il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il 40% dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186 bis L.F., di almeno il 30% dell’ammontare di detti crediti.

Il secondo comma del citato art. 3 del D.L. in esame integra, inoltre, l’art. 165 della Legge Fallimentare inserendovi, dopo il secondo comma, altri due commi il cui contenuto è pertinente all’istituto delle “proposte concorrenti” disciplinato nel primo comma dello stesso articolo.

Il primo di questi due nuovi commi, e cioè il terzo comma dell’art. 165 della Legge Fallimentare dopo l’integrazione, prevede che il commissario giudiziale deve fornire ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità di questa, tutte le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti ed ogni altra informazione in suo possesso sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore.

Il comma successivo dello stesso art. 165 della Legge Fallimentare, anch’esso inserito dal secondo comma dell’art. 3 del D.L. in esame, prevede che la disciplina del comma precedente sull’obbligo d’informativa gravante sul commissario giudiziale si applica anche relativamente alle richieste, da parte dei creditori o di terzi, di informazioni utili per la presentazione di offerte ai sensi dell’art. 163 bis della Legge Fallimentare (“offerte concorrenti”), anch’esso introdotto dal D.L. in esame.

Come è evidente, alla luce delle modifiche apportate da secondo comma dell’art. 3 del D.L. in esame all’art. 165 della Legge Fallimentare, le competenze del Commissario Giudiziale sono state significativamente ampliate attraverso l’attribuzione degli obblighi informativi previsti dai nuovi terzo e quarto comma dell’art. 165 della Legge Fallimentare, introdotti dallo stesso D.L. n. 83/2015.

Alla luce di tali integrazioni normative, infatti, il Commissario Giudiziale non avrà solo il compito di vagliare criticamente la domanda di concordato e la documentazione prodotta a sostegno della medesima, ma dovrà anche sottoporre a vaglio critico eventuali proposte concorrenti dei creditori ed ottemperare ai previsti nuovi obblighi d’informativa verso questi ultimi.

Inoltre, con il terzo comma del suo art. 3, il D.L. in esame ha introdotto modifiche all’art. 172 della Legge Fallimentare (“Operazioni e relazione del commissario”) e, in particolare: a) amplia da dieci a quarantacinque giorni prima dell’adunanza dei creditori il termine entro il quale in Commissario Giudiziale dovrà depositare la sua relazione prevista dal primo comma del citato art. 172 L.F.; b) prevede, inserendo un nuovo comma nel citato art. 172 L.F., che nel caso in cui vengono depositate “proposte concorrenti” il commissario giudiziale deve riferire su di esse con una relazione integrativa da depositare in cancelleria e comunicare ai creditori almeno dieci giorni prima dell’adunanza dei creditori, relazione integrativa che contiene, di regola, una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate; analoga relazione integrativa deve essere depositata dal commissario giudiziale qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell’espressione del voto.

Inoltre il citato art. 3 del D.L. in esame, con il suo quarto comma, ha apportato all’art. 175 (“Discussione della proposta di concordato”) della Legge Fallimentare modifiche anch’esse conseguenziali all’avvenuta introduzione del nuovo istituto delle proposte di concordato “concorrenti”.

In modo particolare con il quarto comma del citato art. 3 il D.L. in esame: a) ha integrato il primo comma lettera a) dell’articolo suddetto disponendo che il commissario giudiziale deve illustrare, prima delle operazioni di voto, non solo le proposte formulate dal debitore (come già previsto) ma anche quelle concorrenti eventualmente presentate dai creditori; b) ha soppresso il secondo comma dell’art. 175 della Legge Fallimentare, che precludeva ulteriori modifiche alla proposta di concordato una volta aperto il voto; soppressione del tutto ovvia una volta chiarito, con l’art. 172, che ciascuna proposta alternativa può essere modificata fino a 15 giorni prima dell’adunanza dei creditori; c) ha dato una formulazione del tutto nuova e diversa da quella precedente al terzo comma del suddetto art. 175 Legge Fallimentare, prevendendo il diritto di ciascun creditore di eccepire motivatamente la inammissibilità o non convenienza delle proposte alternative di concordato preventivo e di contestare i crediti concorrenti e prevedendo, altresì, il diritto del debitore di eccepire, esponendone le ragioni, l’inammissibilità o la non fattibilità delle eventuali proposte concorrenti; d) ha integrato l’art. 175 anzidetto con un quinto comma, prevedendo che la votazione dei creditori deve avere ad oggetto tutte le proposte di concordato presentate dal debitore e dai creditori medesimi.

Inoltre, con il quinto comma dell’art. 3, il D.L. di riforma: a) ha integrato il primo comma dell’art. 177 della Legge Fallimentare (“Maggioranza per l’approvazione del concordato”) aggiungendovi la previsione che, in caso di proposte concorrenti, deve intendersi approvata quella che abbia conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto e cioè – deve logicamente dedursene – la proposta che si presenta più vantaggiosa per i creditori concorrenti.

La riforma ha previsto inoltre che, in caso di parità, prevale la proposta del debitore o, se la parità è tra le proposte dei creditori, prevale quella tra esse che è stata presentata per prima, applicandosi quindi un criterio meramente cronologico.

Sempre ad integrazione dei primo comma dell’art. 177 della Legge Fallimentare la riforma in esame ha regolato il caso in cui nessuna delle proposte di concordato presentate abbia raggiunto la prescritta maggioranza, prevedendo – in tal caso – che il Giudice Delegato debba sottoporre al voto la proposta che ha raggiunto la maggioranza relativa, fissando il termine a partire del quale, nei venti giorni successivi, i creditori potranno far pervenire il loro dissenso espresso, valendo il principio del silenzio – assenso.

Nell’ipotesi sopra considerata, per l’approvazione varrà la maggioranza raggiunta secondo le regole ordinarie (maggioranza dei crediti ammessi al voto e maggioranza di classi, in caso di suddivisione in classi del ceto creditorio); b) il quinto comma dell’art. 3 del D.L. qui in esame ha integrato, anche, il quarto comma dell’art. 177 della Legge Fallimentare, inserendovi la previsione dell’esclusione dal diritto di voto sulle proposte di concordato, della società che controlla società debitrice, delle società da quest’ultima controllate e delle società sottoposte a comune controllo.

Tale esclusione appare del tutto corretta e ragionevole, dato che essa riguarda soggetti che hanno interessi convergenti con quelli del debitore e quindi non esprimerebbero presumibilmente, sulla scelta tra le varie proposte di concordato, un voto orientato al maggior soddisfacimento degli interessi dei creditori.

Questi essendo i punti essenziali della riforma, come detto volta a consentire ai creditori concordatari di sottoporre all’assemblea dei creditori proposte di concordato alternative a quella presentata dal debitore, si impone un radicale rilievo rappresentato dalla considerazione che, per effetto delle modifiche apportate, la scelta della soluzione maggiormente idonea rispetto al salvataggio dell’impresa e alla risoluzione del suo stato di crisi diviene quasi appannaggio dei creditori, liberi di presentare proposte concorrenti e di scegliere quella per loro maggiormente vantaggiosa

In tal modo i creditori potranno scegliere, tra le proposte concorrenti, quella a loro maggiormente favorevole.

L’aver previsto il diritto del debitore di eccepire, esponendone le ragioni, l’inammissibilità o la non fattibilità delle eventuali proposte concorrenti formulate dai propri creditori non sembra rappresentare uno strumento idoneo a salvaguardare il debitore dal rischio della  presentazione ed approvazione di proposte alternative che – per quanto apparentemente idonee al miglior soddisfacimento del ceto creditorio – si rilevino invece, nella fase esecutiva del concordato, di difficile attuazione ed esecuzione.

Il legislatore sembrerebbe aver trascurato l’evenienza in cui – a causa di possibile errore nello scambio di informazioni tra gli organi della procedura ed i creditori intenzionati al presentare una proposta alternativa – questi ultimi presentino proposte alternative che, per quanto possano apparire idonee al miglior soddisfacimento del ceto creditorio e per quanto possano essere avallate dalle relazioni integrative del commissario giudiziale, non tengano sufficientemente conto della reale situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, tanto da rivelarsi successivamente fallimentari nella fase esecutiva del concordato.

In tal caso appare evidente che l’impresa in crisi finirebbe per subire gli effetti delle scelte dei creditori avallate dagli organi della procedura.

La contemplata possibilità, riconosciuta al debitore, di pronunziarsi in sede di votazione in ordine alla fattibilità delle proposte non sembra costituire al riguardo un rimedio sufficiente per evitare tale rischio, atteso che poi la decisione finale compete ai creditori e agli organi della procedura.

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