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Riparazione cosa venduta: è riconoscimento implicito dei suoi vizi
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 20811/15 depositata in data 15 ottobre 2015 ha cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Napoli che nel riformare la sentenza di primo grado aveva rigettato la domanda di risarcimento danni derivante dallo scoppio dell’airbag proposta dall’acquirente di un veicolo nei confronti della concessionaria, in quanto non vi era “prova certa che l’airbag fosse effettivamente scoppiato per un difetto originario dell’impianto né risultava configurabile alcuna colpa della concessionaria venditrice dell’Auto mancando qualsiasi argomento dal quale desumere un’omissione della diligenza necessaria a scongiurare l’eventuale presenza di vizi nella cosa”.
La Corte di Appello era giunta a tale conclusione anche in virtù del fatto che la concessionaria aveva precisato che il “guasto lamentato avrebbe potuto essere senz’altro prevenuto con la normale manutenzione del veicolo e che ciò malgrado la Mercedes Benz Italia aveva inteso per pura correttezza commerciale intervenire in garanzia favorendo l’acquirente, ma senza riconoscere l’esistenza del vizio e tanto più una propria responsabilità”.
I Giudici di Piazza Cavour nel ricordare i principi di diritto più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità ha ritenuto non corretto l’operato della Corte territoriale in quanto “Il riconoscimento dei vizi della cosa venduta da parte del venditore – che rende superflua la denunzia dei vizi stessi o la comunicazione della denunzia entro i prescritti termini – non è soggetto ad una forma determinata e può esprimersi attraverso qualsiasi manifestazione, purché univoca e convincente, quali l’esecuzione di riparazioni o la sostituzione di parti della cosa medesima ovvero la predisposizione di un’attività diretta al conseguimento od al ripristino della piena funzionalità dell’oggetto della vendita, senza alcuna necessità che ad esso si accompagni l’ammissione di una responsabilità o l’assunzione di obblighi, (cfr. soprattutto, Cass. n. 7301 del 26/03/2010)”.
Nel caso di specie, inoltre, la dichiarazione della venditrice di aver agito per correttezza commerciale non potrebbe essere idonea ad eliminare il senso oggettivo (riconoscimento implicito del vizio) di quel comportamento.
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