Recesso ad nutum: cosa succede se il termine di durata è previsto nel contratto
La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 469 del 14 gennaio, ha espresso il principio per cui la possibilità di recesso ad nutum del cliente da un contratto di opera professionale non può essere esclusa per il semplice fatto che nello stesso sia stato previsto un termine di durata del rapporto.
Nel caso di specie un medico chirurgo citava l’altro contraente al fine di ottenere una pronuncia di risoluzione.
Il Tribunale, pronunciando la risoluzione del contratto per fatto e colpa del convenuto, lo condannava al risarcimento dei danni liquidati in Euro 183.858, 66.
Avverso questa sentenza veniva proposto appello e l’11 febbraio 2010 la Corte, riformando la sentenza impugnata dal convenuto, rigettava l’iniziale domanda del medico.
A questo punto il medico proponeva ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte di appello lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 2237 c.c., per avere questa ritenuto che l’apposizione del termine di durata non sia condizione sufficiente ad escludere il recesso ad nutum previsto a favore del cliente committente.
La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha espresso il seguente principio di diritto:
“In tema di contratto di opera professionale, la previsione di un termine di durata del rapporto non esclude di per sé la facoltà di recesso ad nutum previsto a favore del cliente dal primo comma dell’art. 2237 c.c., dovendo verificarsi in concreto in base al contenuto del regolamento negoziale se le parti abbiano inteso o meno vincolarsi in modo da escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita“.
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