
Processo esecutivo troppo lungo, c'è diritto al risarcimento?
Con la sentenza n. 8540/15, depositata il 27 aprile, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’applicazione della l. 89/01 sull’equo indennizzo, con particolare riferimento alla durata del processo esecutivo.
Il caso trae origine dalla domanda proposta innanzi alla competente corte territoriale di due debitori esecutati per il pagamento del suddetto indennizzo, stante l’irragionevole durata del processo esecutivo, iniziato nel 1990 ed era ancora in corso nel 2012.
La Corte non riteneva imputabile all’amministrazione giudiziaria, bensì alle cattive condizioni del mercato immobiliare, il decorso temporale successivo alla data fissata per l’ordinanza di vendita. Veniva così fissata una cifra a titolo di equa riparazione molto inferiore alle aspettative degli istanti.
Questi, insoddisfatti per l’equa riparazione ricevuta, adivano così la Suprema Corte, la quale, partendo dal presupposto che la garanzia di ragionevole durata del processo trova sicuramente applicazione anche nel caso di processo esecutivo, con la suddetta sentenza ha ritenuto che non può sicuramente essere imputabile al giudice dell’esecuzione l’eventuale ritardo connesso al trasferimento del bene all’acquirente, in quanto egli non è in grado di controllare la volontà dei terzi di rendersi acquirenti.
Rileva inoltre la Suprema Corte che nella domanda di ristoro del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo occorre sempre individuare il nesso di causalità che ha condotto all’abnorme dilatazione dei tempi della procedura, non essendo possibile fare ricorso ad automatismi e riconoscendo così l’esistenza di un danno in re ipsa.

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