
Legittimo il licenziamento del dipendente in malattia che non rispetta il riposo e svolge attività ludiche
Con una recente pronuncia (Ordinanza del 28 aprile 2025 n. 11154) la Corte di Cassazione, Sez. Lav., ha ribadito in ambito giuslavoristico un principio già ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Nel particolare ha precisato che, laddove un dipendente, durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia, intraprende attività incompatibili con il processo di guarigione, il datore di lavoro può legittimamente procedere nei suoi confronti con sanzioni disciplinari, fino anche al licenziamento; e ciò anche laddove manchi un effettivo danno alla salute del dipendente, nonché al di là della tempestiva ripresa da parte dello stesso del proprio lavoro.
Sicché, in virtù di quanto sopra, secondo gli ermellini è sufficiente che il lavoratore in malattia tenga un comportamento anche solo potenzialmente idoneo a pregiudicare il percorso terapeutico di guarigione; e ciò anche considerando che la valutazione viene compiuta ex ante, ossia guardando al solo ipotetico pericolo e non invece all’effettiva compromissione del recupero fisico.
Nello specifico, a detta della Corte ciò che rileva per poter valutare il licenziamento disposto dal datore di lavoro come legittimo, non è la circostanza per cui l’attività svolta dal dipendente durante il periodo di assenza dal lavoro abbia comportato per lui un effettivo peggioramento di salute; bensì, quello che conta è il fatto che lo stesso, ponendo in essere determinate attività contrarie al processo di recupero per la sua guarigione, sia in tal modo venuto meno ai principi di correttezza, diligenza e buona fede (ai sensi degli artt. 1175; 1375; 2104 e 2105 c.c.) e ciò atteso che, il lavoratore anche durante il periodo di malattia è tenuto al rispetto di tutti gli obblighi connessi al rapporto di lavoro in essere.
D’altronde, sul tema è ormai consolidato l’orientamento della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 15621/2001; sentenza n. 6047/2018; sentenza n. 13063/2022) la quale sottolinea che, il dipendente, durante il suo periodo di assenza dal lavoro per malattia è tenuto a comportarsi conformemente a quelli che sono i suoi doveri contrattuali.
Ad ulteriore conferma di quanto sin qui esposto, peraltro, la Corte precisa che non esiste un divieto assoluto per il lavoratore durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia, di dedicarsi ad altre occupazioni, ovvero altri passatempi, purché, però, tali attività non interferiscono in alcun modo con il processo di ripresa o ne ritardino la guarigione.
In conclusione, secondo la Corte di Cassazione il dipendente assente dal lavoro per malattia può compiere tutte le attività che preferisce, purché le stesse non risultino in alcun modo potenzialmente idonee a pregiudicare il percorso terapeutico o di guarigione del lavoratore; legittimando altrimenti il licenziamento eventualmente disposto dal datore di lavoro.
Dott.ssa Agnese Fantini


Legittimo il licenziamento del dipendente in malattia che non rispetta il riposo e svolge attività ludiche
Con una recente pronuncia (Ordinanza del 28 aprile 2025 n. 11154) la Corte di Cassazione, Sez. Lav., ha ribadito in ambito giuslavoristico un principio già ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Nel particolare ha precisato che, laddove un dipendente, durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia, intraprende attività incompatibili con il processo di guarigione, il datore di lavoro può legittimamente procedere nei suoi confronti con sanzioni disciplinari, fino anche al licenziamento; e ciò anche laddove manchi un effettivo danno alla salute del dipendente, nonché al di là della tempestiva ripresa da parte dello stesso del proprio lavoro.
Sicché, in virtù di quanto sopra, secondo gli ermellini è sufficiente che il lavoratore in malattia tenga un comportamento anche solo potenzialmente idoneo a pregiudicare il percorso terapeutico di guarigione; e ciò anche considerando che la valutazione viene compiuta ex ante, ossia guardando al solo ipotetico pericolo e non invece all’effettiva compromissione del recupero fisico.
Nello specifico, a detta della Corte ciò che rileva per poter valutare il licenziamento disposto dal datore di lavoro come legittimo, non è la circostanza per cui l’attività svolta dal dipendente durante il periodo di assenza dal lavoro abbia comportato per lui un effettivo peggioramento di salute; bensì, quello che conta è il fatto che lo stesso, ponendo in essere determinate attività contrarie al processo di recupero per la sua guarigione, sia in tal modo venuto meno ai principi di correttezza, diligenza e buona fede (ai sensi degli artt. 1175; 1375; 2104 e 2105 c.c.) e ciò atteso che, il lavoratore anche durante il periodo di malattia è tenuto al rispetto di tutti gli obblighi connessi al rapporto di lavoro in essere.
D’altronde, sul tema è ormai consolidato l’orientamento della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 15621/2001; sentenza n. 6047/2018; sentenza n. 13063/2022) la quale sottolinea che, il dipendente, durante il suo periodo di assenza dal lavoro per malattia è tenuto a comportarsi conformemente a quelli che sono i suoi doveri contrattuali.
Ad ulteriore conferma di quanto sin qui esposto, peraltro, la Corte precisa che non esiste un divieto assoluto per il lavoratore durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia, di dedicarsi ad altre occupazioni, ovvero altri passatempi, purché, però, tali attività non interferiscono in alcun modo con il processo di ripresa o ne ritardino la guarigione.
In conclusione, secondo la Corte di Cassazione il dipendente assente dal lavoro per malattia può compiere tutte le attività che preferisce, purché le stesse non risultino in alcun modo potenzialmente idonee a pregiudicare il percorso terapeutico o di guarigione del lavoratore; legittimando altrimenti il licenziamento eventualmente disposto dal datore di lavoro.
Dott.ssa Agnese Fantini

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