Atto di appello notificato alla PEC del legale non risultante dal ReGIndE
La materia delle notificazioni via PEC è regolata principalmente dal Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, nonché dal Codice di procedura civile e dalle disposizioni attuative relative alla digitalizzazione del processo civile.
In particolare:
- Art. 16-ter del D.L. 179/2012: Stabilisce che le notificazioni e comunicazioni degli atti processuali possono essere effettuate a mezzo PEC agli indirizzi risultanti dai pubblici elenchi, inclusi il REGINDE.
Questo articolo ha lo scopo di garantire la certezza dell’identità del destinatario e la tracciabilità delle comunicazioni.
- Art. 149-bis c.p.c.: Prevede che le notificazioni possano essere effettuate a mezzo PEC, specificando l’obbligo di utilizzare gli indirizzi risultanti da pubblici registri.
Tale disposizione è fondamentale per assicurare che le notifiche siano effettuate in modo conforme alla legge e che i destinatari possano essere individuati con precisione.
Per essere valida, una notifica via PEC deve essere inviata ad un indirizzo ufficiale risultante dai registri pubblici riconosciuti, tra cui appunto il REGINDE. L’utilizzo di un indirizzo PEC non presente in tali elenchi comporta generalmente l’irregolarità della notifica, in quanto non rispetta le garanzie di certezza e ufficialità richieste dalla normativa.
Quali sono le conseguenze di una irregolare notifica?
Le conseguenze di una irregolare notifica, e quindi di una notifica effettuata ad un indirizzo PEC non presente nel ReGIndE comporta:
- Nullità della notifica: Secondo la giurisprudenza prevalente, la notifica effettuata a un indirizzo PEC non risultante dal REGINDE è nulla. La nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice o su eccezione di parte, con la possibilità di rinnovare la notifica in conformità alle norme. La nullità, infatti, implica che l’atto notificato non produce gli effetti processuali previsti, rendendo necessaria una nuova notifica corretta per garantire il diritto alla difesa e il rispetto delle regole procedurali.
- Sanabilità della nullità: Alcune pronunce giurisprudenziali hanno evidenziato che la nullità della notifica via PEC può essere sanata qualora il destinatario abbia avuto conoscenza effettiva dell’atto. Questo principio è coerente con l’art. 156 c.p.c., che ammette la sanatoria degli atti processuali nulli se hanno raggiunto il loro scopo. In tal caso, l’atto processuale viene considerato valido nonostante l’irregolarità formale della notifica, purché sia dimostrato che il destinatario ha avuto effettiva conoscenza dell’atto.
- Effetti processuali: Una notifica nulla o irregolare può comportare la mancata decorrenza dei termini processuali, incidendo sulla tempestività dell’appello e sugli altri termini perentori del procedimento. La mancata decorrenza dei termini processuali può avere conseguenze rilevanti per le parti coinvolte, potenzialmente pregiudicando il diritto alla difesa e l’accesso alla giustizia in tempi ragionevoli.
Alla luce della normativa e della giurisprudenza, una notifica di un atto di appello via PEC ad un avvocato il cui indirizzo non risulti nel REGINDE è da considerarsi nulla, tuttavia, tale nullità può essere sanata se si dimostra che l’avvocato ha avuto effettiva conoscenza dell’atto.
Questo principio di sanabilità mira a garantire che gli atti processuali possano comunque produrre effetti, evitando che formalismi eccessivi compromettano il diritto sostanziale delle parti.
Il presente tema è stato recentemente trattato dalla Cassazione civile sez. lav. che con sentenza n. 10677/2024 ha accolto il ricorso in cui si chiedeva di dichiarare nulla la notifica di un atto di appello al legale inviandolo ad un indirizzo pec non risultante dal Reginde.
Le motivazioni poste alla base di tale esito sono quelle che:
“l’omesso esercizio di questo poter dovere ha determinato la nullità dell’intero giudizio d’appello per violazione del contraddittorio e, di conseguenza, anche della sentenza con cui è stato definito ed impone la cassazione con rinvio di quest’ultima ex articolo 383 c.p.c. affinché la controversia sia decisa nel merito.”
Pertanto, il rispetto delle norme in materia di notifiche via PEC è fondamentale per garantire la correttezza e l’efficacia del processo civile, e per tutelare il diritto delle parti a una giustizia equa e tempestiva.
Dott.ssa Claudia Bazzucchi
Atto di appello notificato alla PEC del legale non risultante dal ReGIndE
La materia delle notificazioni via PEC è regolata principalmente dal Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, nonché dal Codice di procedura civile e dalle disposizioni attuative relative alla digitalizzazione del processo civile.
In particolare:
- Art. 16-ter del D.L. 179/2012: Stabilisce che le notificazioni e comunicazioni degli atti processuali possono essere effettuate a mezzo PEC agli indirizzi risultanti dai pubblici elenchi, inclusi il REGINDE.
Questo articolo ha lo scopo di garantire la certezza dell’identità del destinatario e la tracciabilità delle comunicazioni.
- Art. 149-bis c.p.c.: Prevede che le notificazioni possano essere effettuate a mezzo PEC, specificando l’obbligo di utilizzare gli indirizzi risultanti da pubblici registri.
Tale disposizione è fondamentale per assicurare che le notifiche siano effettuate in modo conforme alla legge e che i destinatari possano essere individuati con precisione.
Per essere valida, una notifica via PEC deve essere inviata ad un indirizzo ufficiale risultante dai registri pubblici riconosciuti, tra cui appunto il REGINDE. L’utilizzo di un indirizzo PEC non presente in tali elenchi comporta generalmente l’irregolarità della notifica, in quanto non rispetta le garanzie di certezza e ufficialità richieste dalla normativa.
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Le conseguenze di una irregolare notifica, e quindi di una notifica effettuata ad un indirizzo PEC non presente nel ReGIndE comporta:
- Nullità della notifica: Secondo la giurisprudenza prevalente, la notifica effettuata a un indirizzo PEC non risultante dal REGINDE è nulla. La nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice o su eccezione di parte, con la possibilità di rinnovare la notifica in conformità alle norme. La nullità, infatti, implica che l’atto notificato non produce gli effetti processuali previsti, rendendo necessaria una nuova notifica corretta per garantire il diritto alla difesa e il rispetto delle regole procedurali.
- Sanabilità della nullità: Alcune pronunce giurisprudenziali hanno evidenziato che la nullità della notifica via PEC può essere sanata qualora il destinatario abbia avuto conoscenza effettiva dell’atto. Questo principio è coerente con l’art. 156 c.p.c., che ammette la sanatoria degli atti processuali nulli se hanno raggiunto il loro scopo. In tal caso, l’atto processuale viene considerato valido nonostante l’irregolarità formale della notifica, purché sia dimostrato che il destinatario ha avuto effettiva conoscenza dell’atto.
- Effetti processuali: Una notifica nulla o irregolare può comportare la mancata decorrenza dei termini processuali, incidendo sulla tempestività dell’appello e sugli altri termini perentori del procedimento. La mancata decorrenza dei termini processuali può avere conseguenze rilevanti per le parti coinvolte, potenzialmente pregiudicando il diritto alla difesa e l’accesso alla giustizia in tempi ragionevoli.
Alla luce della normativa e della giurisprudenza, una notifica di un atto di appello via PEC ad un avvocato il cui indirizzo non risulti nel REGINDE è da considerarsi nulla, tuttavia, tale nullità può essere sanata se si dimostra che l’avvocato ha avuto effettiva conoscenza dell’atto.
Questo principio di sanabilità mira a garantire che gli atti processuali possano comunque produrre effetti, evitando che formalismi eccessivi compromettano il diritto sostanziale delle parti.
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