
Andrea Stramaccioni multato a Roma, ma la firma è falsa. Il Campidoglio condannato a risarcirlo
Di seguito riportiamo integralmente l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera
Con l’accusa di aver falsificato nella relata di notifica di una contravvenzione la firma di Andrea Stramaccioni, ex allenatore dell’Inter e ora opinionista su Dazn, il Comune è stato condannato dalla Corte d’appello civile a pagare 33 mila euro al mister, nel recente passato prima alla guida di una squadra iraniana e poi di una qatariota. Nelle motivazioni la Corte, presieduta da Gianna Maria Zannella, ha fondato la decisione sulla consulenza tecnica d’ufficio, dove è scritto: «La sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento con ragionevole certezza NON APPARTIENE (scritto in maiuscolo dal consulente, ndr) ad Andrea Stramaccioni». Anche la consulenza dovrà essere pagata dal Campidoglio.
LA SENTENZA
La sentenza è stata depositata lo scorso 23 gennaio, ma la vicenda inizia il 15 ottobre del 2010. Quel giorno viene redatto un verbale in cui si chiede a Stramaccioni – assistito dall’avvocato Sergio Scicchitano – chi era alla guida di un’auto a lui intestata con cui era stata commessa un’infrazione al codice della strada. Per liquidare la contravvenzione il mister dovrebbe pagare 274 euro, cosa che non fa. Quale norma sia stata violata è per i giudici un dato irrilevante, non essendo l’oggetto intorno a cui ruota la causa.
Passano meno di due mesi e, secondo quanto è scritto nella relata di notifica, Stramaccioni il 3 dicembre del 2010 riceve la cartella di pagamento. Ad attestarlo è la sua firma. O, meglio, quella che dovrebbe essere la sua firma. Dopo circa quattro anni e mezzo, l’11 giugno del 2014, il mister – che in quei giorni ha da poco firmato il contratto come allenatore dell’Udinese – riceve la cartella di pagamento perché non avrebbe saldato la sanzione amministrativa del 2010. Stramaccioni a quel punto si rivolge al giudice di pace, eccependo di non aver mai ricevuto quella multa. A supporto delle sue ragioni, deposita un documento proveniente dagli uffici del Comune che certifica come «non sono presenti in banca dati» gli estremi del verbale relativo alla cartella di pagamento.
LA CARTOLINA POSTALE
Il Campidoglio replica che la contravvenzione è stata consegnata come attesta la firma di Stramaccioni in calce alla cartolina postale. Per confermare questa affermazione, il Comune deposita una copia dell’atto, attestando che farà piena prova fino a querela di falso. Apriti cielo. Stramaccioni non vede altra strada: querela per falso il Campidoglio, sostenendo che la firma è apocrifa. Il giudice di pace sospende il processo e lo riassegna al Tribunale. Dove il primo round finisce a favore del Comune. Secondo i giudici, l’allenatore non avrebbe prodotto in quella sede la prova della tempestiva riassegnazione del procedimento. Stramaccioni non si arrende e fa appello. E la Corte ribalta il primo grado. Primo perché la riassunzione sarebbe stata tempestiva. Poi, soprattutto, perché la firma sul documento non appartiene a Stramaccioni. Il grafologo, per spazzare via ogni incertezza, compie un ulteriore test, da dove emerge che va escluso il tentativo del mister di simulare una firma apocrifa. Nella sentenza il giudice compensa le spese di lite tra Equitalia e Stramaccioni.
di Giulio De Santis

Andrea Stramaccioni multato a Roma, ma la firma è falsa. Il Campidoglio condannato a risarcirlo
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Con l’accusa di aver falsificato nella relata di notifica di una contravvenzione la firma di Andrea Stramaccioni, ex allenatore dell’Inter e ora opinionista su Dazn, il Comune è stato condannato dalla Corte d’appello civile a pagare 33 mila euro al mister, nel recente passato prima alla guida di una squadra iraniana e poi di una qatariota. Nelle motivazioni la Corte, presieduta da Gianna Maria Zannella, ha fondato la decisione sulla consulenza tecnica d’ufficio, dove è scritto: «La sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento con ragionevole certezza NON APPARTIENE (scritto in maiuscolo dal consulente, ndr) ad Andrea Stramaccioni». Anche la consulenza dovrà essere pagata dal Campidoglio.
LA SENTENZA
La sentenza è stata depositata lo scorso 23 gennaio, ma la vicenda inizia il 15 ottobre del 2010. Quel giorno viene redatto un verbale in cui si chiede a Stramaccioni – assistito dall’avvocato Sergio Scicchitano – chi era alla guida di un’auto a lui intestata con cui era stata commessa un’infrazione al codice della strada. Per liquidare la contravvenzione il mister dovrebbe pagare 274 euro, cosa che non fa. Quale norma sia stata violata è per i giudici un dato irrilevante, non essendo l’oggetto intorno a cui ruota la causa.
Passano meno di due mesi e, secondo quanto è scritto nella relata di notifica, Stramaccioni il 3 dicembre del 2010 riceve la cartella di pagamento. Ad attestarlo è la sua firma. O, meglio, quella che dovrebbe essere la sua firma. Dopo circa quattro anni e mezzo, l’11 giugno del 2014, il mister – che in quei giorni ha da poco firmato il contratto come allenatore dell’Udinese – riceve la cartella di pagamento perché non avrebbe saldato la sanzione amministrativa del 2010. Stramaccioni a quel punto si rivolge al giudice di pace, eccependo di non aver mai ricevuto quella multa. A supporto delle sue ragioni, deposita un documento proveniente dagli uffici del Comune che certifica come «non sono presenti in banca dati» gli estremi del verbale relativo alla cartella di pagamento.
LA CARTOLINA POSTALE
Il Campidoglio replica che la contravvenzione è stata consegnata come attesta la firma di Stramaccioni in calce alla cartolina postale. Per confermare questa affermazione, il Comune deposita una copia dell’atto, attestando che farà piena prova fino a querela di falso. Apriti cielo. Stramaccioni non vede altra strada: querela per falso il Campidoglio, sostenendo che la firma è apocrifa. Il giudice di pace sospende il processo e lo riassegna al Tribunale. Dove il primo round finisce a favore del Comune. Secondo i giudici, l’allenatore non avrebbe prodotto in quella sede la prova della tempestiva riassegnazione del procedimento. Stramaccioni non si arrende e fa appello. E la Corte ribalta il primo grado. Primo perché la riassunzione sarebbe stata tempestiva. Poi, soprattutto, perché la firma sul documento non appartiene a Stramaccioni. Il grafologo, per spazzare via ogni incertezza, compie un ulteriore test, da dove emerge che va escluso il tentativo del mister di simulare una firma apocrifa. Nella sentenza il giudice compensa le spese di lite tra Equitalia e Stramaccioni.
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