Equo compenso per avvocati e liberi professionisti: le novità

Il 20 Maggio scorso è entrata in vigore la legge 21 aprile 2023 n.49, recante la disciplina dell’equo compenso per le prestazioni professionali dei liberi professionisti.

Questi i tratti salienti della tanto attesa riforma.

Innanzitutto, l’ambito applicativo: nessun limite soggettivo dal lato del professionista, tutti ne sono interessati (anche se non appartenenti a professioni regolamentate), incluse le loro aggregazioni associative o societarie.

I professionisti potranno godere delle tutele stabilite dalla legge solo però nei confronti dei cd “contraenti forti”: in particolare, nei rapporti con la P.A. e/o con le “grandi imprese” (tendenzialmente, e fatte salve alcune esclusioni, banche e assicurazioni nonché ogni impresa con più di 50 lavoratori e 10 ml di ricavi nell’anno precedente).

Per il resto, i parametri normativi sull’equo compenso potranno fungere “semplicemente” da eventuale base negoziale per convenzioni professionali ad hoc tra i professionisti e le imprese non ricomprese nell’ambito di obbligatorietà della legge.

Sotto il profilo temporale, la legge è destinata ad operare solo per le convenzioni sottoscritte a far data dall’entrata in vigore della stessa: la disciplina sull’equo compenso non si applica, dunque, retroattivamente.

Veniamo ora alla sostanza.

La disciplina di nuovo conio è tesa a garantire al professionista un compenso commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri previsti dalla normativa di settore (elencati nel prosieguo), rafforzandone la posizione contrattuale in favore delle controparti già menzionate.

Nel dettaglio, è prevista la nullità (non estendibile automaticamente all’intero contratto) delle c.d. clausole vessatorie, quelle che:

– vietano al professionista di richiedere acconti nel corso della prestazione;

– consentono al cliente di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito;

– non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata;

– attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto;

– prevedono termini di pagamento superiori a 60 giorni dal ricevimento della fattura.

 

I compensi di riferimento (il cui rispetto è condizione necessaria per l’equità del compenso) sono determinati:

  1. a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della Giustizia emanato ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge n. 247/2012;
  2. b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9 del D.L. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2012;
  3. c) per i professionisti non ordinistici, dal decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge e, successivamente, con cadenza biennale.

Potranno agire per l’accertamento delle nullità tanto il singolo professionista quanto i consigli degli Ordini o dei collegi.

Il procedimento prevede una presunzione iuris tantum in favore del professionista: gli accordi preparatori o definitivi (a condizione, però, che lo vincolino), si presumono unilateralmente predisposti dalle controparti interessate, salva prova contraria.

Inoltre, il Tribunale può richiedere al professionista di ottenere dal relativo collegio o ordine un parere di congruità del compenso, in funzione di elemento di prova di alcune caratteristiche della prestazione, atte ad influenzarne il “valore”.

Il parere di congruità conferisce efficacia di titolo esecutivo se non è opposto ex art.281-undecies cpc entro quaranta giorni dalla notificazione dello stesso.

La richiesta di un compenso equo non è però unicamente un “diritto” del professionista: l’Ordine di appartenenza potrà infatti sanzionarlo per aver accettato un incarico con compenso, per l’appunto, non equo.

E a vigilare sull’applicazione della disciplina sarà un Osservatorio nazionale appositamente creato presso il ministero della Giustizia.

Le associazioni maggiormente rappresentative nonché il Consiglio nazionale dell’ordine professionale potranno esperire poi una class action, a difesa dei diritti individuali omogenei dei professionisti.

Da ultimo, la legge disciplina analiticamente i termini prescrizionali del diritto al compenso.

Dott. Giuseppe Tarabuso