Assegno divorzile coppie omosessuali: le ultime novità

Gli ermellini della Suprema Corte di Cassazione sono stati chiamati ad esprimersi per la prima volta in materia di assegno divorzile di una coppia omosessuale.

In tale materia il legislatore ha previsto una disciplina più snella: le coppie unite civilmente, al pari di quelle unite dal vincolo matrimoniale vero e proprio possono decidere di separarsi e porre fine al rapporto di coniugio comunicando all’ufficiale di Stato civile la volontà di porre fine al rapporto, e, trascorsi tre mesi le parti possono proporre domanda di divorzio delimitando alcuni aspetti del rapporto, si pensi ad esempio al l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa e la possibilità di riconoscere alla parte economicamente più debole il diritto agli alimenti.

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Una volta raggiunto l’accordo, i partner possono sciogliere la loro unione in tre diversi modi:

  1. Domanda congiunta all’ufficiale di Stato civile del comune di residenza
  2. Ricorso congiunto al tribunale
  3. Negoziazione assistita da avvocati

Nel caso di specie due donne convenivano dinnanzi al Tribunale per la regolamentazione degli aspetti economici ed in particolare per la richiesta dell’assegno di mantenimento effettuata ad opera della coniuge economicamente più debole; il Tribunale riconosceva uno squilibrio economico tra le due parti, creato anche dalle «scelte di vita assunte nel corso della relazione delle parti».

Ha preso in considerazione anche la fase della convivenza di fatto (avutasi prima della Legge Cirinnà), considerandola «assolutamente identica alle modalità di gestione dell’unione civile post celebrazione» ricordando che solo grazie alla legge Cirinnà la coppia ha potuto legalizzare questo rapporto, poiché in epoche precedenti era impossibile concludere un matrimonio di qualche tipo in Italia coppie omosessuali.

Di diverso avviso la decisione della Corte d’Appello di Trieste: secondo i Giudici non vi è retroattività e i rapporti coniugali anteriori alla L. 76/2016 non possono essere presi in considerazione nel riconoscimento delle prestazioni di divorzio. Il Giudice 2 ha quindi accolto il ricorso della controparte ritenendo che non vi fosse alcuna prova che il coniuge di Mira avesse rinunciato ad una migliore e più favorevole carriera lucrativa

I giudici della Suprema Corte dovranno stabilire se fatti avvenuti prima della Legge Cirinnà del 2016, che ha reso possibili le unioni civili, possano essere presi in considerazione anche nella determinazione del diritto e dell’ammontare dell’indennità di divorzio a seguito della separazione di due persone dello stesso sesso.

Dopo aver chiarito che le unioni civili sono state sciolte per volontà di entrambi i coniugi, e apparentemente solo di uno, la Corte Suprema ha ricordato che la legge sul divorzio del 1970 richiedeva ai giudici di analizzare tutti i fattori che potevano influire sui benefici del divorzio, inclusa la durata delle nozze.

Ad avviso della Cassazione sono questioni della massima particolare importanza «in ragione non solo dell’assoluta novità delle stesse e, conseguentemente delle possibili ricadute della decisione su un numero rilevante di controversie instaurate ed instaurande, ma anche in ragione della natura dei temi in discussione che toccano direttamente la collettività e l’evoluzione della coscienza sociale, per ciò stesso richiedendo, ad avviso del Collegio, l’intervento delle Sezioni unite, chiamate a salvaguardare al più alto livello la nomofiliachia».

Dott.ssa Veronica Venturi