
La natura giuridica dei fondi comuni d'investimento
La Cassazione con sentenza n. 12062 dell’08/05/2019, si pronuncia sulla questione della natura giuridica dei fondi comuni d’investimento.
I fondi fanno parte dei c.d. OICR (organismi collettivi d’investimento) ed hanno lo scopo di permettere a più soggetti d’investire le proprie risorse acquistando le quote di un patrimonio il quale verrà successivamente gestito in monte da un soggetto terzo (Cfr. art. 1 comma 1, lett. J) del TUF).
Il TUF all’art. 36 comma 4 definisce i fondi comuni d’investimento come un “patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società […]”.
Vi è pertanto una separazione tra il patrimonio del fondo e quello della società di risparmio con la conseguenza che delle obbligazioni dell’OICR in questione risponderà esclusivamente la SGR con il patrimonio del fondo.
La norma è posta a tutela degli investitori partecipanti sicché il loro patrimonio resterà protetto dalle azioni esperite dai creditori della società di gestione del risparmio (o nell’interesse della stessa) e da quelle dei creditori del depositario o del sub depositario (o nell’interesse degli stessi) (art. 36 comma 4 TUF).
Il fondo, autonomo al livello patrimoniale, non è però dotato di autonomia al livello organizzativo: si ravvisa infatti la mancanza di un qualsiasi strumento che permetta a quest’ultimo di porsi direttamente in relazione con i terzi costringendolo ad affidarsi ad un soggetto terzo per la tutela e la gestione dei propri interessi.
In altri termini, la costituzione di un fondo comune “crea un patrimonio separato da quello della SGR sul quale spetta la titolarità di una situazione giuridica reale, caratterizzata da un vincolo finalistico che fa sorgere in capo alla società l’obbligo di gestire il patrimonio nell’interesse dei partecipanti”[1].
La Suprema Corte, prendendo atto di tali peculiarità, pronuncia il seguente principio di diritto: “i fondi comuni d’investimento sono privi di autonoma soggettività giuridica, costituendo patrimoni separati della società di gestione del risparmio sottolineando che, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia”.
In altri termini il fondo ha natura di patrimonio separato ove i partecipanti sono i proprietari sostanziali dei beni di pertinenza del fondo la cui titolarità formale e, finanche, la legittimazione processuale, restano invece in capo alla Sgr (Cfr. Cassazione civile, 15/07/2010, n. 16605).
Il giudizio prende le mosse da un ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia la quale aveva rigettato l’impugnazione di F. dichiarata improcedibile in base all’art. 83 TUB a causa del commissariamento della banca convenuta.
Dott. Daniele Moccia
[1] F. Capriglione, Manuale di diritto bancario e finanziario, Milano 2015, p.307.
La natura giuridica dei fondi comuni d'investimento
La Cassazione con sentenza n. 12062 dell’08/05/2019, si pronuncia sulla questione della natura giuridica dei fondi comuni d’investimento.
I fondi fanno parte dei c.d. OICR (organismi collettivi d’investimento) ed hanno lo scopo di permettere a più soggetti d’investire le proprie risorse acquistando le quote di un patrimonio il quale verrà successivamente gestito in monte da un soggetto terzo (Cfr. art. 1 comma 1, lett. J) del TUF).
Il TUF all’art. 36 comma 4 definisce i fondi comuni d’investimento come un “patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società […]”.
Vi è pertanto una separazione tra il patrimonio del fondo e quello della società di risparmio con la conseguenza che delle obbligazioni dell’OICR in questione risponderà esclusivamente la SGR con il patrimonio del fondo.
La norma è posta a tutela degli investitori partecipanti sicché il loro patrimonio resterà protetto dalle azioni esperite dai creditori della società di gestione del risparmio (o nell’interesse della stessa) e da quelle dei creditori del depositario o del sub depositario (o nell’interesse degli stessi) (art. 36 comma 4 TUF).
Il fondo, autonomo al livello patrimoniale, non è però dotato di autonomia al livello organizzativo: si ravvisa infatti la mancanza di un qualsiasi strumento che permetta a quest’ultimo di porsi direttamente in relazione con i terzi costringendolo ad affidarsi ad un soggetto terzo per la tutela e la gestione dei propri interessi.
In altri termini, la costituzione di un fondo comune “crea un patrimonio separato da quello della SGR sul quale spetta la titolarità di una situazione giuridica reale, caratterizzata da un vincolo finalistico che fa sorgere in capo alla società l’obbligo di gestire il patrimonio nell’interesse dei partecipanti”[1].
La Suprema Corte, prendendo atto di tali peculiarità, pronuncia il seguente principio di diritto: “i fondi comuni d’investimento sono privi di autonoma soggettività giuridica, costituendo patrimoni separati della società di gestione del risparmio sottolineando che, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia”.
In altri termini il fondo ha natura di patrimonio separato ove i partecipanti sono i proprietari sostanziali dei beni di pertinenza del fondo la cui titolarità formale e, finanche, la legittimazione processuale, restano invece in capo alla Sgr (Cfr. Cassazione civile, 15/07/2010, n. 16605).
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