Obblighi informativi dell’intermediario, l’onere della prova

Con ordinanza 28/02/2018 n. 4727 la Cassazione torna a pronunciarsi in tema di servizi d’investimento; tale pronuncia pone l’accento sugli obblighi di informazione previsti dalla legge in capo all’intermediario e alle conseguenze della loro violazione. La Corte si sofferma principalmente sull’art. 21 del Dlgs n. 58 del 1998 e sugli artt. 26- 28- 28 del Reg. Consob n. 11522 (oggi sostituito dal n. 20307 del 15 febbraio 2018) i quali pongono in capo all’intermediario l’obbligo, prima di iniziare la prestazione di servizi d’investimento, di ottenere una serie di informazioni dall’investitore circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio. In particolare “Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento” (art 28 n. 2 Reg. Consob n. 11522).

La Corte nella pronuncia in questione afferma come queste norme abbiano carattere imperativo e vadano ad integrare il contratto quadro stipulato tra l’investitore e l’intermediario “limitando la flessibilità endocontrattuale sia nel momento genetico che in quello attuativo del contratto”; da ciò ne consegue che l’investitore deve essere in grado di effettuare una scelta informata in relazione alla peculiarità del prodotto e alla sua effettiva rischiosità, con particolare riferimento al pericolo della perdita del capitale investito e che non sono sufficienti dichiarazioni generiche ed astratte a soddisfare le specifiche e concrete esigenze del singolo rapporto.

Dalla violazione di tali obblighi da parte dell’intermediario, nel caso in cui l’investimento produca un pregiudizio patrimoniale all’investitore, discende un obbligo risarcitorio. Gli Ermellini in questa pronuncia si soffermano principalmente sull’onere della prova disponendo che è in capo all’investitore l’onere di provare il deficit informativo ed il pregiudizio patrimoniale, mentre, sarà dovere dell’intermediario dimostrare di aver tempestivamente e correttamente adempiuto agli obblighi di profilatura, prova, “che non può corrispondere alla mera assenza di negligenza, ma deve concretizzarsi nella prova positiva della diligenza”.

In altri termini, la sola prova del danno e della mancanza di informazioni fanno scattare una presunzione di colpevolezza dell’intermediario senza che sia richiesto al danneggiato di dimostrare il nesso eziologico tra il pregiudizio subito e la violazione degli obblighi informativi.

Il caso di specie riguarda la riforma di una sentenza della Corte d’appello di Milano la quale aveva escluso la sussistenza del nesso causale tra l’inadempimento della banca e il danno degli appellati sulla base di una dichiarazione generica relativa al rischio di investimenti in titoli obbligazionari antecedente all’acquisto e un’altra riguardante il rischio di una flessione della quotazione del titolo avvenuta successivamente al compimento dell’operazione.

Pertanto in caso di violazione degli obblighi informativi spetta all’intermediario la prova di aver edotto il cliente spettando invece a quest’ultimo la sola prova del danno e dell’inadempimento dell’intermediario.

Dott. Daniele Moccia