
Decreto ingiuntivo per compensi professionali: l’opposizione si propone con ricorso o con citazione?
Con sentenza n. 26778/2018 la Corte di Cassazione ha nuovamente affrontato la questione del rito applicabile alle controversie per la liquidazione dei compensi giudiziali degli avvocati.
Nel caso di specie il ricorrente si lamentava che il Giudice a quo avesse rigettato un’opposizione a decreto ingiuntivo in materia di compensi professionali giudiziali in quanto tardiva perché proposta con ricorso anziché con citazione.
Alla Corte è stato quindi chiesto se fosse corretto o meno introdurre con ricorso l’opposizione al decreto ingiuntivo con cui si ingiungeva ad una società il pagamento di una somma a titolo di spettanze per l’attività giudiziale prestata da un avvocato.
La Corte ha risolto la questione ricordando i suoi precedenti ossia l’ordinanza Cass., sez. 6-3, n. 4002 del 29/02/2016, la sentenza Cass., sez. 2, n. 12411 del 17/05/2017 e da ultimo la sentenza Cass., sez. U, n. 4485 del 23/02/2018.
Gli Ermellini ritengono che le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato (oggi, compensi) nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della l. n. 794 del 1942 – come risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 34 del d. lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima l. n. 794 del 1942 – devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del suddetto d.lgs. n. 150 del 2011, anche nell’ipotesi in cui la domanda (o correlativamente un’eccezione) riguardi l’an della pretesa.
Ciò vuol dire che, in caso di decreto ingiuntivo ottenuto per il pagamento dei propri compensi professionali giudiziali, la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702 bis segg. cod. proc. civ., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648, 649, 653 e 654 cod. proc. civ..
La Corte ha dunque accolto il ricorso.
Avv. Gavril Zaccaria

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Alla Corte è stato quindi chiesto se fosse corretto o meno introdurre con ricorso l’opposizione al decreto ingiuntivo con cui si ingiungeva ad una società il pagamento di una somma a titolo di spettanze per l’attività giudiziale prestata da un avvocato.
La Corte ha risolto la questione ricordando i suoi precedenti ossia l’ordinanza Cass., sez. 6-3, n. 4002 del 29/02/2016, la sentenza Cass., sez. 2, n. 12411 del 17/05/2017 e da ultimo la sentenza Cass., sez. U, n. 4485 del 23/02/2018.
Gli Ermellini ritengono che le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato (oggi, compensi) nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della l. n. 794 del 1942 – come risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 34 del d. lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima l. n. 794 del 1942 – devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del suddetto d.lgs. n. 150 del 2011, anche nell’ipotesi in cui la domanda (o correlativamente un’eccezione) riguardi l’an della pretesa.
Ciò vuol dire che, in caso di decreto ingiuntivo ottenuto per il pagamento dei propri compensi professionali giudiziali, la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702 bis segg. cod. proc. civ., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648, 649, 653 e 654 cod. proc. civ..
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