
Immissioni illecite: danno non patrimoniale risarcibile indipendentemente da danno biologico “documentato”
Con la sentenza n. 16408/2017 la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del risarcimento del danno non patrimoniale dovuto a immissioni illecite.
Nel caso de quo la Suprema Corte rigettava il ricorso proposto da una società avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la medesima società a risarcire i danni subiti da due soggetti per le immissioni sonore provenienti dall’esercizio commerciale sottostante la loro abitazione.
Infatti, mentre il Tribunale di Pavia rigettava la domanda proposta dai predetti soggetti, la Corte territoriale riteneva legittimo il danno patito giacché le immissioni sonore dell’esercizio commerciale, in orario notturno dalle 22.00 alle 6.00, eccedevano il limite della normale tollerabilità.
Inoltre la Corte quantificava il danno subito dai due soggetti rispettivamente in 10.000 € in via equitativa – vista la carenza di documentazione che attestava il danno subito – e 20.000 € in presenza di apposita documentazione medica attestante il danno subito.
La società, pertanto, proponeva ricorso per Cassazione lamentando e contestando il risarcimento in via equitativa riconosciuto dalla Corte territoriale in quanto non sussistevano né la prova dell’esistenza di un danno risarcibile e in particolare l’impossibilità della sua quantificazione.
Uniformandosi all’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Unite, 2611/2017) i giudici del Palazzaccio, dichiaravano che “il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente da un danno biologico “documentato”, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti; ne consegue che, considerata la natura del pregiudizio oggetto di tutela, la relativa prova può essere fornita anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza (fattispecie relativa al risarcimento riconosciuto ad una coppia di coniugi a causa delle immissioni sonore intollerabili provenienti da un locale)”.
Dunque, la Corte di Cassazione rigettava il suddetto ricorso e condannava inoltre la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio.
Dott. Matteo Pavia

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Nel caso de quo la Suprema Corte rigettava il ricorso proposto da una società avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la medesima società a risarcire i danni subiti da due soggetti per le immissioni sonore provenienti dall’esercizio commerciale sottostante la loro abitazione.
Infatti, mentre il Tribunale di Pavia rigettava la domanda proposta dai predetti soggetti, la Corte territoriale riteneva legittimo il danno patito giacché le immissioni sonore dell’esercizio commerciale, in orario notturno dalle 22.00 alle 6.00, eccedevano il limite della normale tollerabilità.
Inoltre la Corte quantificava il danno subito dai due soggetti rispettivamente in 10.000 € in via equitativa – vista la carenza di documentazione che attestava il danno subito – e 20.000 € in presenza di apposita documentazione medica attestante il danno subito.
La società, pertanto, proponeva ricorso per Cassazione lamentando e contestando il risarcimento in via equitativa riconosciuto dalla Corte territoriale in quanto non sussistevano né la prova dell’esistenza di un danno risarcibile e in particolare l’impossibilità della sua quantificazione.
Uniformandosi all’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Unite, 2611/2017) i giudici del Palazzaccio, dichiaravano che “il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente da un danno biologico “documentato”, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti; ne consegue che, considerata la natura del pregiudizio oggetto di tutela, la relativa prova può essere fornita anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza (fattispecie relativa al risarcimento riconosciuto ad una coppia di coniugi a causa delle immissioni sonore intollerabili provenienti da un locale)”.
Dunque, la Corte di Cassazione rigettava il suddetto ricorso e condannava inoltre la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio.
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