
In caso di incidente mortale, i familiari hanno diritto al risarcimento del danno esistenziale e morale
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9231 del 17 aprile 2013, premette che, in caso di fatto illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto al risarcimento di tutto il danno, nella sua componente morale, vale a dire la sofferenza interiore soggettiva sul piano strettamente morale, e in quella dinamico-relazionale (il cosiddetto “danno esistenziale”), da intendere come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto.
Quindi, se l’illecito abbia gravemente compromesso il valore persona, come nel caso della definitiva perdita del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto, in proporzione alla durata e alla intensità del vissuto, alla composizione del restante nucleo che può prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo sia all’età della vittima primaria che a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma, ed ad ogni altra circostanza del caso concreto.
Conseguentemente, nella fase di liquidazione il Giudice, per l’individuazione della concreta somma attribuibile nel range tra il minimo ed il massimo, ovvero anche oltre tale limite se il vulnus familiare è di particolare gravità per alcuni dei superstiti (Cass. 28423 del 2008), deve esplicitare se e come ha considerato tutte le concrete circostanze per risarcire integralmente il danno non patrimoniale subito da ciascuno (Cass. 14402 del 2011), e perciò va esclusa ogni liquidazione di tale pregiudizio in misura pari ad una frazione dell’importo liquidabile a titolo di danno biologico del defunto, perché tale criterio non rende evidente e controllabile l’iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione.

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Quindi, se l’illecito abbia gravemente compromesso il valore persona, come nel caso della definitiva perdita del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto, in proporzione alla durata e alla intensità del vissuto, alla composizione del restante nucleo che può prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo sia all’età della vittima primaria che a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma, ed ad ogni altra circostanza del caso concreto.
Conseguentemente, nella fase di liquidazione il Giudice, per l’individuazione della concreta somma attribuibile nel range tra il minimo ed il massimo, ovvero anche oltre tale limite se il vulnus familiare è di particolare gravità per alcuni dei superstiti (Cass. 28423 del 2008), deve esplicitare se e come ha considerato tutte le concrete circostanze per risarcire integralmente il danno non patrimoniale subito da ciascuno (Cass. 14402 del 2011), e perciò va esclusa ogni liquidazione di tale pregiudizio in misura pari ad una frazione dell’importo liquidabile a titolo di danno biologico del defunto, perché tale criterio non rende evidente e controllabile l’iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione.
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