Published On: 27 Maggio 2025Categories: Diritto civile, Gennaro Ferrante, Sentenze Cassazione

Ipoteca anteriore all’abuso edilizio, chiarimenti dalla Cassazione

Con ordinanza n. 10933/2025, pubblicata in data 25.04.2025, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno risolto una questione di massima che riveste notevole importanza, anche alla luce della giurisprudenza formatasi in proposito, a livello nazionale ed europeo.

Più nel dettaglio, viene in evidenza la sentenza della Corte Costituzionale n. 160/2024: il Giudice delle Leggi ha, invero, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, L. n. 47/1985 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto in favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione comunale a demolire.

Ponendosi in linea col punto di approdo di tale ultima pronuncia, la Cassazione afferma un principio giuridico che manleva il proprietario incolpevole e il terzo creditore ipotecario, ignaro dell’abuso edilizio, dalle conseguenze pregiudizievoli che si determinerebbero, altrimenti, se si accogliesse fino in fondo l’inquadramento pure sostenuto dalla giurisprudenza sia costituzionale che di legittimità, con riferimento all’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, nel caso in cui il privato non ottemperi all’ordine demolitorio ingiunto dal Comune: tale vicenda presenterebbe i caratteri di un acquisto a titolo originario del bene che, in quanto tale, implicherebbe l’estinzione di tutti i diritti reali di garanzia gravanti sullo stesso; quindi, anche di un’eventuale ipoteca, ancorché iscritta anteriormente all’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione.

La stessa Consulta, ritenendo fondata la censura di difformità a Costituzione dell’art. 7 prima citato, ne ha rilevato l’incompatibilità con gli artt. 3, 24 e 42 Cost.

Quanto al primo, alla luce di quanto detto, appare evidente l’irragionevolezza di una disciplina legislativa che sacrifica totalmente il diritto del terzo ipotecario non responsabile dell’abuso, infliggendo, pertanto, un vulnus al suo stesso diritto di difesa, in sede di azione esecutiva, nonostante questa costituisca una componente non rinunciabile del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Infine, risulta altresì indiscutibile il conflitto che una tale regolamentazione provoca con la protezione multilivello, di cui gode il diritto di proprietà, nell’ordinamento interno e nella giurisprudenza sovranazionale.

 

La Corte si discosta, frattanto, da un suo stesso precedente giurisprudenziale (Cass. S.U. n. 322/1999) che aveva raccolto le adesioni di molte pronunce del Consiglio di Stato (ex multis, Consiglio di Stato 7 marzo 1997, n.220, 16 gennaio 2019, n.398, 9 giugno 2020, n.3697, 11 ottobre 2023, n.16) e che aveva ritenuto l’acquisizione del bene ipotecato e abusivo al patrimonio pubblico locale come “del tutto assimilabile, quoad effecta, al perimento del bene, vicenda della quale l’art. 2878 cod. civ. predica, come conseguenza l’estinzione del diritto reale di garanzia”.

Atteso che i beni confiscati devono ritenersi acquisiti al patrimonio disponibile dell’ente e che il Comune va considerato, a questo specifico fine, un terzo acquirente dell’immobile ipotecato ex art. 2858 c.c., sul piano operativo delle concrete tutele accessibili al creditore ipotecario ignaro dell’abuso edilizio, restano aperte diverse prospettive.

Messi da parte i rimedi puramente indennitari e risarcitori, questo quanto si evince dal dictum della Suprema Corte che rammenta, inter alia, come sia stata proprio la Consulta a tracciare le linee guida cui dovrà attenersi il giudice dell’esecuzione nel contemperare i difficili valori sottesi alla confisca edilizia ed alla salvaguardia del diritto di ipoteca, giusta lo schermo del giudice di rinvio:

  • O quest’ultimo accerta l’intervento di una manifestazione di volontà dell’ente dichiarativa della sussistenza di prevalenti interessi pubblici, ex art. 7, comma 5 L. 47/1985, con la conseguenza che solo in questa ipotesi, divenuta, comunque, eccezionale, l’ipoteca è destinata ad estinguersi, dal momento che una siffatta dichiarazione attirerebbe nel patrimonio indisponibile dell’ente il bene acquisito dal Comune, il quale gli avrebbe per tale via impresso un vincolo di destinazione irremovibile;

 

  • Oppure, tale dichiarazione non è intervenuta con l’implicazione per la quale, trattandosi di patrimonio disponibile, l’aggiudicatario potrà agire ex art. 602 c.p.c. contro il Comune, presentando domanda di concessione in sanatoria entro 120 giorni dalla notifica del decreto dell’autorità giudiziaria, ove l’immobile presenti il requisito della doppia conformità previsto dall’art.17, comma quinto, L. n. 47/1985. Occorre precisare, a tal proposito, che, se il bene è condonabile, l’istanza in sanatoria va presentata entro 120 giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile, purché il credito sia sorto anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 47/1985;

 

  • Oppure ancora, non ricorrono i presupposti né della sanatoria né del condono: l’aggiudicatario si vedrà trasferito il bene con l’obbligazione propter rem di demolirlo, con tutte le conseguenze del caso, ove non vi ottemperi. In quest’ultima fattispecie, si tratterebbe, quindi, di una vendita a tutti gli effetti sottoposta alla condizione sospensiva dell’assunzione dell’obbligo demolitorio in capo all’acquirente.

Il caso sottoposto al vaglio della Corte, in particolare, riguardava un ricorso per Cassazione depositato da una Società che aveva chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Palermo un decreto ingiuntivo contro i propri debitori, in forza del quale aveva altresì iscritto ipoteca, nel 1994.

Con provvedimento di otto mesi successivo alla predetta iscrizione, il Comune aveva trascritto l’acquisizione gratuita al suo patrimonio di un immobile realizzato sul fondo senza autorizzazione, unitamente all’area circostante l’immobile medesimo.

Notificato il precetto nel 2013 e iniziata l’esecuzione forzata, il giudice di quest’ultima aveva rigettato la proposta istanza di vendita dichiarando la non proseguibilità della procedura, proprio sul presupposto, ritenuto dirimente, che l’acquisizione all’Ente dell’opera abusiva avesse estinto, ipso iure, l’ipoteca iscritta sul fondo su cui essa insisteva.

Pertanto, la ricorrente proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di rigetto dinanzi al Tribunale di Agrigento il quale pronunciandosi con sentenza n. 943/2019 non accoglieva le ragioni della Società, determinandola alla proposizione del ricorso in Cassazione.

Dott. Gennaro Ferrante

 

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Ipoteca anteriore all’abuso edilizio, chiarimenti dalla Cassazione

Con ordinanza n. 10933/2025, pubblicata in data 25.04.2025, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno risolto una questione di massima che riveste notevole importanza, anche alla luce della giurisprudenza formatasi in proposito, a livello nazionale ed europeo.

Più nel dettaglio, viene in evidenza la sentenza della Corte Costituzionale n. 160/2024: il Giudice delle Leggi ha, invero, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, L. n. 47/1985 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto in favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione comunale a demolire.

Ponendosi in linea col punto di approdo di tale ultima pronuncia, la Cassazione afferma un principio giuridico che manleva il proprietario incolpevole e il terzo creditore ipotecario, ignaro dell’abuso edilizio, dalle conseguenze pregiudizievoli che si determinerebbero, altrimenti, se si accogliesse fino in fondo l’inquadramento pure sostenuto dalla giurisprudenza sia costituzionale che di legittimità, con riferimento all’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, nel caso in cui il privato non ottemperi all’ordine demolitorio ingiunto dal Comune: tale vicenda presenterebbe i caratteri di un acquisto a titolo originario del bene che, in quanto tale, implicherebbe l’estinzione di tutti i diritti reali di garanzia gravanti sullo stesso; quindi, anche di un’eventuale ipoteca, ancorché iscritta anteriormente all’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione.

La stessa Consulta, ritenendo fondata la censura di difformità a Costituzione dell’art. 7 prima citato, ne ha rilevato l’incompatibilità con gli artt. 3, 24 e 42 Cost.

Quanto al primo, alla luce di quanto detto, appare evidente l’irragionevolezza di una disciplina legislativa che sacrifica totalmente il diritto del terzo ipotecario non responsabile dell’abuso, infliggendo, pertanto, un vulnus al suo stesso diritto di difesa, in sede di azione esecutiva, nonostante questa costituisca una componente non rinunciabile del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Infine, risulta altresì indiscutibile il conflitto che una tale regolamentazione provoca con la protezione multilivello, di cui gode il diritto di proprietà, nell’ordinamento interno e nella giurisprudenza sovranazionale.

 

La Corte si discosta, frattanto, da un suo stesso precedente giurisprudenziale (Cass. S.U. n. 322/1999) che aveva raccolto le adesioni di molte pronunce del Consiglio di Stato (ex multis, Consiglio di Stato 7 marzo 1997, n.220, 16 gennaio 2019, n.398, 9 giugno 2020, n.3697, 11 ottobre 2023, n.16) e che aveva ritenuto l’acquisizione del bene ipotecato e abusivo al patrimonio pubblico locale come “del tutto assimilabile, quoad effecta, al perimento del bene, vicenda della quale l’art. 2878 cod. civ. predica, come conseguenza l’estinzione del diritto reale di garanzia”.

Atteso che i beni confiscati devono ritenersi acquisiti al patrimonio disponibile dell’ente e che il Comune va considerato, a questo specifico fine, un terzo acquirente dell’immobile ipotecato ex art. 2858 c.c., sul piano operativo delle concrete tutele accessibili al creditore ipotecario ignaro dell’abuso edilizio, restano aperte diverse prospettive.

Messi da parte i rimedi puramente indennitari e risarcitori, questo quanto si evince dal dictum della Suprema Corte che rammenta, inter alia, come sia stata proprio la Consulta a tracciare le linee guida cui dovrà attenersi il giudice dell’esecuzione nel contemperare i difficili valori sottesi alla confisca edilizia ed alla salvaguardia del diritto di ipoteca, giusta lo schermo del giudice di rinvio:

  • O quest’ultimo accerta l’intervento di una manifestazione di volontà dell’ente dichiarativa della sussistenza di prevalenti interessi pubblici, ex art. 7, comma 5 L. 47/1985, con la conseguenza che solo in questa ipotesi, divenuta, comunque, eccezionale, l’ipoteca è destinata ad estinguersi, dal momento che una siffatta dichiarazione attirerebbe nel patrimonio indisponibile dell’ente il bene acquisito dal Comune, il quale gli avrebbe per tale via impresso un vincolo di destinazione irremovibile;

 

  • Oppure, tale dichiarazione non è intervenuta con l’implicazione per la quale, trattandosi di patrimonio disponibile, l’aggiudicatario potrà agire ex art. 602 c.p.c. contro il Comune, presentando domanda di concessione in sanatoria entro 120 giorni dalla notifica del decreto dell’autorità giudiziaria, ove l’immobile presenti il requisito della doppia conformità previsto dall’art.17, comma quinto, L. n. 47/1985. Occorre precisare, a tal proposito, che, se il bene è condonabile, l’istanza in sanatoria va presentata entro 120 giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile, purché il credito sia sorto anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 47/1985;

 

  • Oppure ancora, non ricorrono i presupposti né della sanatoria né del condono: l’aggiudicatario si vedrà trasferito il bene con l’obbligazione propter rem di demolirlo, con tutte le conseguenze del caso, ove non vi ottemperi. In quest’ultima fattispecie, si tratterebbe, quindi, di una vendita a tutti gli effetti sottoposta alla condizione sospensiva dell’assunzione dell’obbligo demolitorio in capo all’acquirente.

Il caso sottoposto al vaglio della Corte, in particolare, riguardava un ricorso per Cassazione depositato da una Società che aveva chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Palermo un decreto ingiuntivo contro i propri debitori, in forza del quale aveva altresì iscritto ipoteca, nel 1994.

Con provvedimento di otto mesi successivo alla predetta iscrizione, il Comune aveva trascritto l’acquisizione gratuita al suo patrimonio di un immobile realizzato sul fondo senza autorizzazione, unitamente all’area circostante l’immobile medesimo.

Notificato il precetto nel 2013 e iniziata l’esecuzione forzata, il giudice di quest’ultima aveva rigettato la proposta istanza di vendita dichiarando la non proseguibilità della procedura, proprio sul presupposto, ritenuto dirimente, che l’acquisizione all’Ente dell’opera abusiva avesse estinto, ipso iure, l’ipoteca iscritta sul fondo su cui essa insisteva.

Pertanto, la ricorrente proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di rigetto dinanzi al Tribunale di Agrigento il quale pronunciandosi con sentenza n. 943/2019 non accoglieva le ragioni della Società, determinandola alla proposizione del ricorso in Cassazione.

Dott. Gennaro Ferrante

 

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