
La sentenza basata su una testimonianza "lacunosa" non è viziata
Non è viziata la sentenza basata su una testimonianza “lacunosa”, in quanto la laconicità delle dichiarazioni dei testimoni non è imputabile al giudice, il quale ha la sola facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c..
Confermando la precedente giurisprudenza ma con formula assai più chiara, la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza n. 28924 del 5 ottobre 2022) ha così risolto, concludendo per il rigetto dell’istanza, la questione relativa a un sinistro stradale che era stato descritto al Giudice di Pace di Benevento con una superficialità tale da non fornire a esso gli strumenti minimi essenziali per la decisione.
Il ricorrente ha ritenuto che il giudice, non potendo limitarsi a registrare passivamente quanto riferitogli dal testimone, dovesse incalzarlo con domande utili a chiarire i fatti, e che sarebbe contraddittorio da parte sua dichiararsi impossibilitato a decidere a causa della lacunosità delle deposizioni se non si è proceduto – in fase istruttoria – a rivolgere al teste le dovute domande di chiarimento né lo si è richiamato come la legge prevede.
Eppure, già affermata Cassazione – ha ricordato nell’occasione la Corte – aveva chiarito che il giudice ha la sola facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni (art. 253 c.p.c.) non potendo invece “rendersi artefice […] di un’inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell’articolazione probatoria”.
Il giudice non può, cioè, supplire alla superficialità della testimonianza introducendo fra gli argomenti di prova fatti nuovi ed estranei rispetto a quelli sui quali il convenuto ha potuto prendere posizione nella memoria di costituzione.
Dott.ssa Veronica Venturi

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