Niente rimborso IRES e IRAP se invio delle istanze è tardivo

È recentissima la sentenza della Corte di Cassazione n. 13332/2023 con la quale i giudici di legittimità si sono pronunciati sulla corretta individuazione del dies a quo del termine per la presentazione dell’istanza di rimborso del contribuente qualora l’accertamento di un errore contabile concretizzato nell’aver versato maggiori imposte dirette non dovute, sia scaturito da un accertamento fiscale successivo.

Il caso in esame traeva origine dall’emissione di due avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una srl esercente attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio, mediante i quali si contestava il mancato pagamento di maggiore Iva sui corrispettivi, attesa l’inesatta procedura di scorporo della società, destinataria degli medesimi. Accertata la piena legittimità della pretesa tributaria di maggiore Iva, la società in questione presentava apposite domanda di rimborso per l’Ires e l’Irap versate per gli anni 2005 e 2006 e computate sui ricavi maggiorati.

A fronte delle suddette istanze venivano emessi due provvedimenti di diniego del rimborso uno  in ragione della tardività della domanda proposta dalla società ricorrente in quanto la stessa richiesta doveva essere presentata nel termine ultimo di 48 mesi in ossequio a quanto stabilito dall’art. 38 del DPR n. 602/1973, l’altro perché ritenuto inapplicabile il divieto di doppia imposizione di cui all’art. 163 Tuir.

La società provvedeva a presentare due separati ricorsi avverso il diniego e, previa riunione, venivano accolti entrambi; l’Ufficio proponeva dunque appello avverso la pronuncia della CTP umbra, appello quest’ultimo che veniva accolto.

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A seguito, la società ricorrente impugnava la sentenza in Cassazione ponendo a fondamento del ricorso due motivi: la CTR umbra aveva errato laddove aveva fatto decorrere il dies a quo dalla domanda di rimborso Ires e Irap dal versamento ex art. 38 DPR n. 602/1973 anziché dal verificarsi del presupposto per la restituzione e, dunque, dal passaggio in giudicato della sentenza. Con il secondo motivo di gravame ha censurato la sentenza di appello nella parte in cui ha qualificato il fatto nella fattispecie di cui all’art. 163 TIUR escludendo la sua rilevanza ai sensi dell’art. 2033 c.c. e, pertanto, la domanda di restituzione delle maggiori imposte, Ires e Irap, versate su un minore imponibile a seguito della ripresa della maggiore Iva, era da considerarsi pienamente legittima.

La Suprema Corte ha però rigettato entrambi i motivi di ricorso della società e ciò per quanto di seguito.

I Giudici di legittimità hanno richiamato l’importante sentenza della SU n. 13676/2014 con la quale, con particolare riferimento all’individuazione del dies a quo da cui far decorrere il termine per la presentazione della istanza di rimborso, si stabilisce che il termine di decadenza previsto ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973 decorre dalla data del versamento quanto ai versamenti diretti o da quella in cui la ritenuta è stata operata. Invero, la Cassazione ha stabilito in maniera granitica che in materia tributaria rilevano l’art. 38 del DPR n. 602/1973 che individua il dies a quo della data del versamento, e l’art. 21 comma, 2 del D. Lgs. 546/1992 in forza del quale si stabilisce che  “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

Nella sentenza in esame, la Cassazione ha ritenuto corretto il ragionamento della CTR umbra laddove ha stabilito che la questione inerente l’erroneo computo dell’Iva sui ricavi da parte della società non identifica una duplicazione dell’imposta dalla stessa versata ma una sorta di “inesistenza parziale dell’obbligazione tributariacon l’applicazione del termine di 48 mesi a decorrere dal versamento di cui all’art. 38 del DPR n. 602/1973 e non di quello previsto dall’art. 21 comma 2 del D. Lgs. 546/1992.

L’applicazione dell’art. 38 traeva giustificazione in quanto il caso in esame era riconducibile ad un imponibile che era stato dichiarato e sottoposto a tassazione ma che risultava superiore al reale, motivo per il quale già al momento in cui era stato effettuato il versamento delle maggiori imposte Ires e Irap, il versamento stesso non era dovuto o non era dovuto nella misura in cui era già stato versato dalla società.

Dott.ssa Chiara Giannella