Spa a partecipazione pubblica: le possibili aggravanti applicabili

settembre 15th, 2019|Alessia Bucci, Articoli, Diritto penale|

Con sentenza n. 4446 del 2019 la Corte di Cassazione si è trovata a valutare, in primo luogo, la possibilità dell’applicazione delle aggravanti per truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico ai sensi dell’art. 640 quater, allorquando il soggetto passivo del reato sia una società di capitali che abbia una partecipazione pubblica o comunque svolga una funzione di preminente interesse pubblico e, secondariamente, la possibilità di estendere alla confisca per equivalente gli effetti sospensivi previsti dall’art. 166 c.p. con riferimento alle pene accessorie.

La vicenda trae origine da una sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. – emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pordenone – nella quale veniva disposta la confisca per equivalente di beni mobili, immobili e somme di denaro ai sensi degli artt. 640 quater c.p. e 322 ter c.p.

Il difensore degli imputati proponeva ricorso per Cassazione fondato su due motivi: i) in primo luogo eccepiva che non potevano trovare applicazione le aggravanti di truffa ai danni dello Stato o di ente pubblico richiamate dall’art. 640 quater, quali presupposti per l’applicazione della confisca obbligatoria del prezzo o del profitto del reato, in quanto il soggetto erogante il finanziamento oggetto di truffa era una società di diritto privato; ii) in secondo luogo contestava la decisione anche in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena in relazione alla confisca per equivalente, in quanto riconosciuta la natura di sanzione penale.

La Suprema Corte – richiamando copiosa giurisprudenza sul punto – dichiarava inammissibili i ricorsi.

Con riferimento al primo motivo ha sostenuto che la società erogante il finanziamento oggetto di truffa dovesse essere considerata ente pubblico, sia in quanto costituita al 77% dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, sia in ragione del fatto che per individuare la qualifica di un ente non è necessario che l’attività svolta sia direttamente imputabile ad un soggetto pubblico, bensì è sufficiente che la stessa, anche se concretamente attuata attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche.

Invero “ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’articolo 640 c.p., comma 2, n. 1, anche gli enti a formale struttura privatistica devono qualificarsi come “pubblici”, in presenza dei seguenti requisiti, indicati dal legislatore al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 3: a) la personalità giuridica; b) l’istituzione dell’ente per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale; c) il finanziamento dell’attività in modo maggioritario da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, oppure la sottoposizione della gestione al controllo di questi ultimi o la designazione da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, di più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza” (cfr. Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 29709 del 19/04/2017; Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 17889 del 14/04/2015; Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 6405 del 12/11/2015, dep. 2016).

Per quanto concerne, invece, il secondo motivo la Corte ha chiarito come non possa trovare applicazione l’istituto della sospensione condizionale della pena con riferimento alla confisca per equivalente, avendo i due istituti, manifestamente, finalità diverse (cfr. Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 45324 del 14/10/2015).

Il primo, infatti, essendo funzionale a distogliere il reo dalla commissione di altri reati, ha una natura social preventiva, la seconda, invece, assolve ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica precedente alla commissione del reato, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile.

A ciò la Corte ha aggiunto che, avendo il legislatore dettato per la confisca per equivalente un regime di operatività e una disciplina differente rispetto a quella delle pene accessorie, il fatto che la stessa abbia, in realtà, una natura prettamente sanzionatoria, non ne consente una parificazione tout court con quest’ultime.

Dott.ssa Alessia Bucci