Contratto di negoziazione, i singoli ordini d’investimento

Con l’ordinanza n. 16106/2019 la Corte di Cassazione si pronuncia in tema di contratto quadro di negoziazione e singolo ordine ad investire.

Nel caso di specie la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su un ricorso avverso la sentenza di I grado, e confermata in Appello, con la quale si respingeva l’azione proposta da un cliente contro la sua banca, per avere quest’ultima omesso il suo consenso nell’investire in bond della Repubblica Argentina. Il cliente presentava una richiesta di declaratoria di nullità per difetto di forma scritta nell’ordine di investimento.

La corte di Cassazione, esaminando i tre motivi di ricorso presentati, accoglie solo uno dei tre. Quest’ultimo verteva sulla violazione dell’art. 360 n.3 c.p.c., nonché l’art. 23 TUF e art. 30 Regolamento Consob 11522/1998. Nello specifico, veniva presentata l’erronea valutazione del giudice di merito nel ritenere che il cliente avesse tacitamente rinunciato al requisito della forma scritta dell’ordine di investimento per via di comportamenti incompatibili con il mantenimento di tale requisito.

Gli Ermellini ricordano che ex art. 23, co. 1 del TUF i contratti che prevedono servizi di investimento debbono avere forma scritta a pena di nullità. Tuttavia, la Corte rileva che la forma scritta è prevista per legge come elemento essenziale solo del contratto quadro di negoziazione, non potendo dirsi altrettanto per il singolo ordine di investimento.

Richiamando, poi, l’art. 30, co.2 del Regolamento Consob gli stessi ricordano che quest’ultimo indica quale contenuto debba avere il contratto tra cliente e banca, lasciando al cliente la facoltà di stabilire i termini per disciplinare il rapporto. Nel caso in cui vengano stabilite precise modalità per disciplinare i rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini – e queste vengano inserite nel contratto sottoscritto dalle parti – dovranno ritenersi un elemento essenziale del contratto di negoziazione. Qualora uno di questi elementi non fosse rispettato, sarebbe un motivo idoneo alla declaratoria di nullità, non potendo ritenersi modificato o revocato per fatti concludenti o tramite accordi verbali.

Dunque, la Cassazione cassa la sentenza impugnata rilevando che il giudice di merito non avrebbe potuto concludere per una modifica verbis tantum o per facta concludentia dei termini del contratto stabiliti tra Banca e cliente. Viene enucleato il principio di diritto secondo cui la pattuizione delle modalità con cui procedere ai singoli ordini di investimento costituisce elemento essenziale del contratto quadro e soggiace all’obbligo della forma scritta.

Diana De Gaetani