Il focus. Procura alle liti inesistente, la responsabilità diretta dell’avvocato

Il nostro Ordinamento prescrive, ai sensi dell’art. 82 c.p.c., che – fuori dai casi consentiti dalla legge – le parti debbano stare in giudizio attraverso il ministero o l’assistenza di un difensore.

Ancora, la normativa codicistica dispone – al successivo art. 83 c.p.c. – che il difensore, al fine di rappresentare giudizialmente la parte, deve essere munito di una valida procura, da conferire per iscritto, con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Dunque, attraverso un negozio giuridico unilaterale, la parte conferisce in capo al difensore il potere di farsi rappresentare in giudizio.

Orbene, molteplici sono gli effetti e le conseguenze di eventuali vizi della procura; segnatamente, occorre distinguere l’ipotesi in cui la procura alle liti sia inesistente, rispetto a quella in cui la stessa sia da considerarsi invalida o inefficace.

Invero, con la riforma attuata dalla l. 69/2009, il previgente art.182 c.p.c., comma 2, è stato novellato e, ad oggi, a fronte della invalidità e/o inefficacia della procura, è possibile sanare il relativo difetto.
La nuova formulazione dell’art. 182 c.p.c., tuttavia, non ha mancato di destare incertezze in ordine all’ipotesi in cui la procura alla lite manchi del tutto.

All’uopo, è opportuno evidenziare che si verte in tema di procura inesistente, ogniqualvolta tale atto non sia mai stato conferito, risulti essere falso, oppure venga rilasciato da un soggetto diverso da quello che deve essere rappresentato in giudizio.

In tali ipotesi, se pure è pacifico che il processo sia stato validamente instaurato e, dunque, lo stesso sia perfettamente esistente, è innegabile che il conferimento di valida procura sia elemento imprescindibile per riconoscere ed attribuire l’attività svolta dal difensore, direttamente alla parte rappresentata; l’inesistenza del conferimento della procura, infatti, comporta l’impossibilità che gli effetti processuali si producano in capo alla parte, con la conseguenza che essi avranno come destinatario il solo professionista.

Così, mentre nel caso in cui la procura sia invalida e/o inefficace, il soggetto che ha conferito l’incarico assumerà legittimamente la qualità di parte processuale e dovrà sopportare gli effetti processuali e le spese di causa, conseguenze diverse si produrranno nel caso in cui la procura sia inesistente.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la conseguenza della inesistenza della procura, è che l’atto introduttivo si considera notificato personalmente dal difensore, non potendosi in alcun modo ricorrere al meccanismo sanante previsto dal novellato art. 182 co. 2 cpc, applicabile unicamente alle ipotesi di invalidità e/o inefficacia della procura.

Dunque, non essendo contemplata né consentita alcuna sanatoria in caso di difetto originario di procura (ex multis SU 10414/2017), l’inesistenza del mandato difensivo comporterà che l’attività processuale risulterà esclusivamente a carico del difensore, il quale si assumerà la responsabilità dell’attività espletata e sarà tenuto al pagamento delle spese del giudizio.

Nel medesimo solco, la Corte di Cassazione – con l’ordinanza n. 11930/2018 – chiamata a pronunciarsi circa l’opportunità di sollevare la questione di legittimità costituzionale con riferimento al citato art. 182 cpc, nella parte in cui non contempla il rimedio sanante anche per l’ipotesi di inesistenza della procura, ha ritenuto non opportuno scomodare il Giudice delle leggi.

In particolare, gli Ermellini hanno ribadito che l’ipotesi di invalidità della procura rappresenta una situazione fattuale totalmente diversa da quella in cui si ha l’inesistenza della stessa; conseguentemente, ha ritenuto – in assoluta continuità con i precedenti di legittimità sul punto – che l’attività processuale sia direttamente imputabile al difensore, il quale sarà personalmente tenuto al pagamento delle spese processuali.

In sintesi, è dato concludere che – qualora la procura sia inesistente – il rapporto processuale non si instaura con la parte che si assume rappresentata, e gli effetti economici del processo – vale a dire la responsabilità per le spese processuali – ricadono direttamente sull’avvocato.

Dott. Salvatore Cosentino