Il focus: offerta d’acquisto, ammesso il coniuge del debitore

In tema di pubblici incanti, a norma dell’art. 579 c.p.c., chiunque – eccetto il debitore esecutato – ha diritto di parteciparvi.

Se rispetto ai terzi la norma non ha mai suscitato contrasti interpretativi, lo stesso non può dirsi con riferimento alle ipotesi in cui il diritto di partecipare all’incanto sia esercitato da un congiunto del debitore, quale il coniuge o il figlio.

Così, se alcuni hanno ritenuto che – per evidenti ragioni – la partecipazione del coniuge o del figlio dell’esecutato fosse inammissibile, altri hanno invece evidenziato come non vi sia, in seno al nostro ordinamento, una norma che espressamente preveda il relativo divieto e che, dunque, unico soggetto escluso dalla partecipazione all’asta debba essere il debitore.

Proprio tale ultima posizione è stata avallata dalla giurisprudenza maggioritaria, la quale ha sottolineato il carattere eccezionale della norma sancita dall’art. 579 c.p.c., tale da non ammettere applicazioni analogiche.

In particolare, è stato precisato che il divieto di partecipare all’incanto non può trovare applicazione neppure  con riguardo al coniuge del debitore – ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni previsto dagli artt. 177 e ss. c.c. – sicché questi, rientrando nell’onnicomprensiva categoria delineata dal richiamato art. 579 c.p.c., è ammesso a partecipare all’incanto, risultando irrilevante la circostanza che, per volontà della legge, l’effetto traslativo del bene  si ripercuota, per la metà, nel patrimonio del debitore esecutato.

Ciò detto, la giurisprudenza si è comunque affrettata a chiarire che la partecipazione all’incanto del coniuge e/o del figlio del debitore, è ammessa purché non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge.

In particolare, si segnala l’intervento della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 3952 del 1988, ha chiarito che deve considerarsi nullo il patto concluso tra il debitore ed il terzo, con cui quest’ultimo si sia obbligato a ritrasferire all’esecutato l’immobile acquistato all’ asta, eccetto che si tratti di mero impegno rispetto ad un eventuale retrocessione da compiersi nel momento in cui il debitore venga a trovarsi nuovamente in condizioni economiche che gli permettano l’acquisto.

Ancora, il Giudice di legittimità ha evidenziato che il divieto di partecipare all’incanto vale anche per i chiamati all’eredità che abbiano successivamente assunto la qualità di eredi.

Sulla base delle medesime ragioni che inducono a ritenere ammissibile la partecipazione all’incanto dei prossimi congiunti e del coniuge del debitore (anche se in regime di comunione legale dei beni), si ritiene che non sia fatto divieto al socio di società di capitali partecipare all’ acquisto di un immobile pignorato in danno della società, attesa l’autonomia patrimoniale che caratterizza l’ente rispetto ai singoli soci (Cass. 11258/2007)

Concludendo, il nostro ordinamento prevede che sia escluso dalla partecipazione all’incanto il solo esecutato, dovendo invece essere ammessa – in generale – la partecipazione di chiunque altro, compresi i congiunti del debitore, salvo che sia provata la sussistenza tra i medesimi di un accordo teso ad aggirare il divieto di cui all’art. 579 c.p.c.

In tale ultima ipotesi, secondo l’opinione maggioritaria, la violazione del divieto comporterebbe l’impugnabilità dell’aggiudicazione, da esperirsi attraverso lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi, con decorrenza del relativo termine dalla scoperta dell’accordo fraudolento; secondo una cerchia più ristretta, invece, l’elusione del divieto di partecipare all’incanto determinerebbe la radicale nullità dell’offerta e dell’eventuale aggiudicazione.

Dott. Salvatore Cosentino