Focus: la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare

Il decreto legge n. 132/2014 ha introdotto, all’interno del codice di procedura civile, l’art. 492-bis. La disposizione, rubricata Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, consente all’ufficiale giudiziario di accedere direttamente, su istanza del creditore e dietro autorizzazione del presidente del tribunale, mediante modalità telematiche, all’interno di banchi date pubbliche, i beni da sottoporre a pignoramento nell’ambito della procedura di esecuzione.

La norma, fortemente innovativa, è nata con l’obiettivo di rendere più efficiente il procedimento di esecuzione forzata, riducendo il divario informativo presente tra debitore e creditore in ordine alla consistenza del patrimonio del primo.

In questa ottica, d’altra parte, si era già mosso l’art. 492 c.p.c. il quale prevedeva, per i procedimenti successivi al primo marzo 2006, la possibilità, in caso di pignoramento infruttuoso o di difficile liquidazione dei beni pignorati, di ricercare nelle banche dati pubbliche ulteriori cespiti del debitore.

La norma, tuttavia, era stata interpretata in senso fortemente riduttivo, poiché da una parte si riteneva necessario un previo interpello del debitore, e dall’altra non consentiva all’ufficiale giudiziario di comunicare integralmente quanto rinvenuto al creditore procedente, potendosi limitare a consegnargli unicamente informazioni tali da consentirgli di pignorare beni o crediti per un valore pari al credito azionato aumentato della metà.

Il tenore dell’art. 492-bis, al contrario, consente oggi di proporre l’istanza, la quale deve contenere anche l’indirizzo PEC del difensore ed essere accompagnata dal versamento di apposito contributo unificato, prima dell’inizio dell’esecuzione, e quindi del pignoramento, ma non prima che sia decorso il termine di cui all’art. 482 c.p.c. o che siano trascorsi 90 giorni dalla notifica del precetto. In caso di pericolo nel ritardo, il Presidente potrà però autorizzare la ricerca ancora prima della notifica del precetto.

Di tal guisa, il creditore si troverà nella posizione, sulla base di una valutazione ex ante, di poter meglio decidere quale tipologia di esecuzione intraprendere. Le banche dati consultabili, infatti, comprendono l’anagrafe tributaria, con il relativo archivio dei rapporti finanziari, ma vi rientrano anche quelle tenute da enti previdenziali, nonché quelle relative ai rapporti tra debitore ed istituti di credito/datori di lavoro o committenti.

Al fine dell’autorizzazione, il presidente del tribunale del luogo di residenza del debitore dovrà procedere ad una verifica del diritto del creditore procedente. Secondo parte della dottrina, trattasi di un controllo avente carattere meramente formale, dovendosi l’autorità giurisdizionale limitare ad un controllo estrinseco del titolo, senza potere scendere nel merito. In particolare, sarà necessario verificare: la presenza della formula esecutiva; la regolarità delle notifiche del titolo e del precetto; la corretta indicazione del soggetto passivo; nonché dare luogo ad un controllo sulla competenza del foro adito.

Il creditore potrà anche richiedere di partecipare personalmente alle operazioni, ex art. 165 disp. att. c.p.c., le quali rientreranno, salva l’ipotesi di chiusura anticipata del processo esecutivo per infruttuosità, tra le spese del debitore in base alla regola generale dell’art. 95.

L’eventuale diniego dell’autorizzazione darebbe luogo, secondo alcuni autori, ad un provvedimento impugnabile tramite opposizione agli atti esecutivi, per altri il provvedimento, privo di contenuto decisorio e liberamente riproponibile da parte del creditore procedente, non sarebbe passibile di impugnazione. Non può inoltre essere sottaciuta una terza strada giudicata percorribile da un indirizzo minoritario: il reclamo al collegio ex art. 739 c.p.c.

Ma quali possono essere gli esiti della ricerca?

Nel caso in cui si siano rinvenuti beni del debitore o crediti localizzati al di fuori dalla competenza dell’ufficiale giudiziario, sarà necessario a pena di inefficacia, ferma restando l’acquisita consapevolezza del creditore circa la possibilità di procedere con successo ad esecuzione, reiterare la richiesta presso il foro territorialmente competente entro 15 giorni dal rilascio del verbale. Ove i beni rinvenuti siano nella disponibilità di terzi, il verbale dovrà essere a questi notificato per estratto e contenere l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo e del precetto, nonché l’intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute nei limiti di cui all’art. 546 c.p.c. Nel caso in cui l’esito della ricerca sia negativo, tale risultato dovrà essere comunicato al creditore.

A contrario, ove siano stati individuati più beni o crediti del debitore, presuntivamente superanti l’importo della somma pignorata aumentata della metà, il creditore avrà la possibilità di scegliere quali sottoporre ad esecuzione, mentre nell’eventualità in cui sia rinvenuto un solo cespite, esso sarà direttamente pignorato.

In questa ultima ipotesi, di fatto, si realizza quindi una forma di pignoramento d’ufficio, simile a quello esattoriale, e privo delle indicazioni relative alla vocatio in jus. Una volta notificato il pignoramento, sarà difatti onere del creditore, entro il termine di cui all’art. 501 c.p.c, formulare l’istanza di vendita o di assegnazione e, una volta fissata la data di udienza, notificare il decreto al debitore o al terzo con i relativi adempimenti ex art. 543 c.p.c

Nell’ipotesi, non inverosimile, in cui le strutture tecnologiche a disposizione non siano funzionanti, il creditore potrà essere autorizzato ad eseguire direttamente le operazioni di ricerca. Alcuni autori hanno sottolineato come, al fine di evitare una necessità di richiedere una doppia autorizzazione ed un doppio versamento del contributo unificato, il creditore procedente possa egli stesso ed in prima battuta, una volta valutata l’inadeguatezza delle risorse tecnologiche, richiedere al Presidente del Tribunale l’autorizzazione a procedere in prima persona alle operazioni di ricerca. Si tratta di una tesi osteggiata da chi, al contrario, ritiene che una simile autorizzazione possa nascondere la volontà di eludere il coinvolgimento dell’ufficiale giudiziario.

La lettera dell’art. 155 quinquies disp. att., d’altra parte, consente di essere interpretata sia estensivamente in modo da ricomprendere tutti i casi di non funzionamento delle strutture tecnologiche, anche non strettamente informatici, come anche in modo restrittivo, nel senso che il creditore dovrebbe limitarsi a richiedere informazioni ai gestori delle banche dati, i quali rimetteranno a questi le relative risultanze.

L’istanza per la ricerca telematica dei beni fa pignorare dovrà, infine, contenere oltre alle generalità complete delle parti, la procura alle liti, omissibile nel caso in cui sia posta in calce o a margine del titolo esecutivo, nonché le copie del titolo e dell’atto di precetto con attestazione di conformità all’originale. Il provvedimento autorizzativo sarà comunicato via PEC a cura della cancelleria e sulla base dello stesso, quindi, il creditore potrà muovere la relativa istanza di accesso ai gestori delle banche dati, facendosi carico dei relativi oneri, variabili sulla base del numero di pagine inviate.

Dott.ssa Caterina Marino