Accordi patrimoniali nella separazione tra coniugi: non si applica l’art. 710 c.p.c.

La modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione tra coniugi, di cui all’art. 710 c.p.c., non può riguardare gli accordi patrimoniali inseriti nell’accordo di separazione che hanno natura autonoma. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con l’ordinanza del 26 luglio u.s., n. 19847, chiarendo che per il mutamento degli accordi predetti è necessario seguire il rito ordinario: nello specifico la Corte ha stabilito che si deve procedere con le forme del rito ordinario per il giudizio di scioglimento della comunione dell’immobile in comproprietà tra i coniugi costituente l’abitazione familiare concessa in godimento alla prole.

Il decisum in esame trae origine da una disputa intercorsa tra C.C. ed il marito B.F.  Più nel dettaglio, con citazione del 10 dicembre 2007, C. aveva convenuto il marito davanti al Tribunale di Trento, specificando che il medesimo organo giurisdizionale aveva precedentemente omologato la separazione tra i coniugi e aveva riconosciuto in favore della moglie il diritto di usufrutto su una abitazione in comproprietà situata a Trento, impegno non rispettato dal B.  La moglie, pertanto, chiedeva di provvedere a tale usufrutto con sentenza costitutiva; domandando inoltre di procedersi alla divisione di un altro immobile del quale in corso di separazione era stata concordata la comproprietà pro indiviso, con relativa condanna del marito al pagamento di un indennizzo per l’uso esclusivo del bene.

Di contro, B. si costituiva eccependo l’improcedibilità della domanda, sul presupposto del fatto che “ gli accordi patrimoniali in sede di separazione prevedevano l’uso esclusivo dell’immobile di Trento da parte della C. e dell’altro da parte sua, affinché vi risiedesse con il figlio” e soprattutto “ che per la modifica di tale regime era necessario procedere nelle forme di cui all’art. 710 c.p.c.” . Davanti alla Suprema Corte, di conseguenza, il ricorrente denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo circa l’eccezione di improcedibilità delle domande della moglie, dovendo quest’ultime svolgersi con l’apposito rito disciplinato dall’art. 710 c.p.c.  La norma de quo, si ricorderà infatti, afferma che le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti alla separazione.

La Corte di Cassazione, con il provvedimento in questione, ha rigettato il ricorso ritenendo non fondati i motivi. In particolare, nel ritenere necessario il rito ordinario per la modifica degli accordi patrimoniali inseriti nella separazione, il Supremo giudice ha preso le mosse dal proprio consolidato orientamento  (cfr. Cass. Sez. I, n. 7010/1988; Cass. Sez. I, n. 16909/2015; Cass. Sez. I, n. 24321/2007), per il quale la separazione è un negozio di diritto familiare con un contenuto essenziale (es. affidamento dei figli, vivere separati, assegno di mantenimento, ecc.) ed un contenuto eventuale costituito, per l’appunto, da accordi patrimoniali totalmente autonomi.

Ne consegue, pertanto, che mentre il contenuto essenziale della separazione può essere oggetto di ricorso ex art. 710 c.p.c., il contenuto riguardante gli accordi patrimoniali è autonomo e regolabile mediante l’art. 1372 c.c.

La domanda di C. di divisione dell’immobile in comproprietà è stata quindi correttamente proposta nelle forme ordinarie del giudizio di scioglimento della comunione, e non mediante l’art. 710 c.p.c.

Dott. Massimo Leva