Concordato preventivo: le offerte concorrenti

agosto 10th, 2018|IMPRESE|

Fino all’entrata in vigore del D.L. n. 83/2015, e al conseguente inserimento nella Legge Fallimentare dell’articolo 163 bis, gli imprenditori in crisi hanno fatto spesso ricorso all’istituto del concordato preventivo liquidatorio, anche detto “chiuso”.
Per comprendere in cosa esattamente consista una tale tipologia di concordato occorre, preliminarmente, rappresentare quanto segue.
Nel concordato preventivo di natura “liquidatoria” e con cessione dei beni (in cui si propone il soddisfacimento del ceto creditorio attraverso il ricavato della vendita dell’azienda o di singoli beni) l’art. 182 della Legge Fallimentare dispone che nell’ambito della procedura concordataria “Alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano gli articoli da 105 a 108 – ter in quanto compatibili”.
Pertanto anche nel concordato preventivo“liquidatorio” o con cessione dei beni la vendita degli asset aziendali deve avvenire nell’ambito della procedura concordataria e secondo procedure competitive, stimolando quindi una gara tra il maggior numero possibile di offerenti nel tentativo di realizzare dalla vendita il miglior risultato economico possibile.
Orbene l’ipotesi del concordato preventivo “chiuso” rappresentava una deviazione rispetto a tale corretto modus operandi.
Infatti in tale tipologia di concordato si verificava che l’imprenditore in crisi, ancora prima di presentare la domanda per l’ammissione alla procedura concordataria, raggiungeva appositi accordi con terzi offerenti preventivamente individuati, nei confronti dei quali si impegnava anticipatamente al trasferimento dell’azienda, di suoi rami o di singoli beni ad un determinato prezzo di cessione.
In sostanza, nell’ipotesi del concordato liquidatorio “chiuso”, veniva allestito un “pacchetto preconfezionato” che poi, confluendo nel piano concordatario, veniva sottoposto all’approvazione del ceto creditorio.
Tuttavia operando in tal modo non vi era nessuno spazio per la presentazione, in relazione all’azienda o al singolo bene oggetto del “pacchetto preconfezionato”, di offerte di acquisto concorrenti ed eventualmente migliorative rispetto all’offerta fatta ab origine dal terzo preventivamente individuato.
Appare evidente che una tale tipologia di concordato preventivo, oltre ad essere in palese contrasto con il principio di competitività delle vendite previsto dall’art. 182 della Legge Fallimentare, prestava anche il fianco a possibili abusi da parte dell’imprenditore in crisi e ciò nella misura in cui lasciava spazio a possibili accordi, sottostanti al “pacchetto preconfezionato”, tra l’imprenditore ed il terzo ai fini della futura retrocessione del bene.
Pertanto, al fine di arrestare il sovente ricorso al concordato preventivo “chiuso”, con il D.L. n. 83/2015 è stato introdotto nella Legge Fallimentare il nuovo articolo 163 bis.
Tale articolo espone il decalogo che il Tribunale Fallimentare deve osservare nel caso di presentazione di un piano concordatario c.d. “chiuso” e, quindi, in presenza di una situazione che di fatto impedisca la vendita competitiva dell’azienda, di suoi rami o dei singoli beni aziendali.
Viene infatti previsto un vero e proprio dovere per il Tribunale di aprire in ogni caso, in presenza di un concordato preventivo “chiuso”, un procedimento competitivo di vendita.
Infatti il primo comma dell’articolo in questione recita testualmente “Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all’acquisto disponendo l’apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni del secondo comma del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo di azienda o di singoli beni”.
Proprio la corretta applicazione dell’articolo in commento dovrebbe, finalmente, consentire al Tribunale di porre un freno ad iniziative dell’imprenditore in crisi che a volte, come spesso succedeva nelle ipotesi del concordato liquidatorio “chiuso”, sembravano ispirate dal soddisfacimento di un interesse personale dell’imprenditore medesimo piuttosto che, come dovrebbe essere, dal tentativo di uscire dalla crisi di impresa garantendo il maggior soddisfacimento possibile del ceto creditorio.

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