Condominio, la fattispecie criminosa del disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

Il reato in esame si perfeziona quando le emissioni sonore sono idonee a disturbare un numero di persone secondo il parametro di normale tollerabilità indipendentemente da quanti se ne possono lamentare.

Così la Suprema Corte, nel dettaglio la Terza Sezione penale, si è pronunciata con la sentenza del 01.03.2018 n. 9361.

In primo grado il Tribunale aveva ritenuto l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 659 c.p. per aver disturbato durante l’orario notturno il riposo dei condomini.

L’imputato ha impugnato la pronuncia del Tribunale lamentando il mancato esame del livello di tollerabilità dei rumori, cioè l’idoneità ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non risultante da nessuna delle deposizioni ottenute.

I Magistrati del Palazzaccio hanno dunque precisato sul punto che il reato di cui all’art. 659 c.p. si configura quale reato di pericolo presunto e che pertanto occorre “ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa che le emissioni rumorose siano idonee a disturbare il riposo o le occupazioni di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità.” (Cass. Sez. I n.7748 del 2012)

Precisano altresì che “l’interesse tutelato dal legislatore è quello della pubblica quiete, la quale di per sé implica l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati.” (Cass. Sez. III n.3678 del 2005)

Nella specie, “l’accertamento della propagazione effettiva delle urla dell’imputato, che si trovava all’interno di un edificio condominiale, accompagnate da rumori riconducibili a rottura di vetri o di oggetti, si fonda sulla dichiarazione resa dall’appuntato che li aveva sentiti sin dalla strada dove si trovava a camminare e che, perciò, aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Correttamente, pertanto il Tribunale genovese ha ritenuto la sussistenza del reato, desumendo dalla diffusività del rumore, percepibile al di fuori dell’edificio da cui proveniva, la sua la capacità di propagarsi all’interno dell’intero stabile condominiale, arrecando così potenziale disturbo ad un numero indeterminato di persone, costituite dai condomini residenti e da chiunque altro si trovasse in quel frangente nell’immobile, e non soltanto agli occupanti degli appartamenti ubicati in prossimità del luogo in cui il prevenuto stava dando sfogo ai suoi impeti iracondi.

Sicché gli Ermellini hanno rigettato il ricorso, mediante la suddetta sentenza e confermato quanto già deciso, nel caso in esame dal Tribunale di Genova.

Dott. Vincenzo Di Capua