I cani sono equiparabili alle persone? La Cassazione dice no

La Suprema Corte nella recente sentenza ha decretato che la legittimità del sequestro preventivo dei cani appartenenti ad una donna che teneva gli animali in stato di degrado e li lasciava abbaiare in continuazione disturbando la quiete del vicinato. Per la Corte i cani costituiscono cose pertinenti al reato, come ha statuito nella  sentenza n. 54531/2016.

Nonostante gli animali siano considerati esseri senzienti, è necessario per legge tutelare in primis gli uomini, in quanto “gli uomini sono superiori agli animali, sono padroni degli animali e li utilizzano per le loro esigenze, sia pure tentando di evitare loro sofferenze superflue perché non collegate al soddisfacimento dell’interesse umano”.

Il Giudice delle Indagini Preliminari aveva negato che i cani potessero essere considerati una cosa pertinente al reato, mentre il PM aveva riscontrato i reati di “getto pericoloso di cose” ex art. 674 c.p. e “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” ex art. 659 c.p., per cui il Tribunale aveva riscontrato il fumus commissi delicti.

La Suprema Corte ha concluso che occorre operare un bilanciamento tra la sofferenza della padrona per il sequestro degli animali e l’interesse tutelato delle persone. Secondo i giudici però il codice penale tutela esclusivamente l’interesse del cittadino a non essere disturbato e certamente non il dispiacere del singolo a essere privato di uno più cani che in definitiva sono considerate cose.

Gli animali sono stati considerati “cosa pertinente al reato” perché, in assenza di sequestro, concedevano concreta occasione all’indagata di reiterare le condotte di reato per cui si procedeva.

Dott.ssa Flavia Lucchetti