Permesso di soggiorno per cure mediche, le regole per ottenerlo

“Ai sensi dell’art. 36 comma 1, t.u. 25 luglio 1998, n. 286 lo straniero, che intende ricevere cure mediche in Italia, può ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno, presentando una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico; una attestazione dell’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione; la documentazione che dimostri la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l’eventuale accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell’interessato.”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 4397 del 20 ottobre 2016.

Nel caso di specie, il Questore della Provincia di Brescia ha respinto l’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche rilevando che, come è risultato da accertamenti effettuati tramite l’Ambasciata italiana di Bogotà, “esistono in Colombia mezzi idonei a garantire le cure ed i controlli del caso, secondo le procedure ed i medicinali di cui necessita” l’interessata, che peraltro non è entrata in Italia con regolare visto.

Contro tale diniego veniva proposto ricorso al Tar per la Lombardia, Sezione di Brescia, il quale, però, lo respingeva.

Tale decisione veniva, pertanto, impugnata dinanzi al Consiglio di Stato deducendo l’erroneità della sentenza del TAR Lombardia.

I giudici di Palazzo Spada hanno però respinto l’appello ritenendo che l’appellante non ha prodotto idonea documentazione, “come indirettamente ella ha confermato nelle controdeduzioni” inviate a seguito del preavviso di rigetto.

Inoltre, proseguono i giudici del Consiglio di Stato, “come correttamente rilevato dal Questore nell’impugnato decreto, l’appellante non è entrata in Italia con un regolare visto, essendo stata anzi destinataria di due ordini di rimpatrio, rimasti inoppugnati. Peraltro, dalla documentazione acquisita anche in grado di appello non si evince che le cure per la patologia non potrebbero essere prestate anche in Columbia, avendo la stessa appellante, con un’inammissibile inversione dell’ordine della prova, chiesto che sia l’Amministrazione a dimostrare che in Colombia ella si sarebbe potuta egualmente curare. È pertanto irrilevante la contestazione dell’attestazione, depositata in primo grado, del sanitario di fiducia dell’Ambasciata d’Italia di Bogotà, che – pur indubbiamente rilevante al fine di dimostrare la infondatezza delle ragioni fatte valere – non assume carattere determinante per la reiezione dell’appello, essendo sufficiente la mancanza dei presupposti ai quali l’art. 36, comma 1, t.u. n. 286 riconnette il rilascio del permesso di soggiorno per motivi sanitari”.

Dott. Andrea Paolucci