Adozioni gay: via libera dei giudici d’appello di Torino

La Corte d’Appello di Torino, sezione per i minorenni, con la sentenza depositata in data 27 maggio 2016 e, in sintonia con numerose altre pronunce di merito sul tema, accoglie la richiesta presentata da una donna di adottare il figlio della partner.

Nel caso di specie, la richiesta della donna si fonda sull’art. 44 comma 1 LETTERA d) della legge sulle adozioni n. 184 del 1983 che prevede la possibilità di adottare un minore anche in casi particolari quando non ricorrono le condizioni generali stabilite dalla Legge, id est “I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7: D) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.” Con la sentenza del 23 ottobre 2015 il Tribunale per i minorenni di Torino rigettava la domanda di parte attrice, stabilendo che non poteva applicarsi l’art. 44 co. 1 LETTERA d) della legge sulle adozioni perché il minore non si trovava in uno stato di abbandono, presupposto a parere dei giudici necessario per l’adozione richiesta ex art. 44 co. 1 lett. d), in quanto viveva stabilmente con sua madre, che si occupava di lui.

La Corte d’Appello di Torino, Sez. Minorenni, chiamata a pronunciarsi sulla questione, accoglie il ricorso della donna e, riformando la sentenza di primo grado, ritiene legittima la richiesta di adozione. I giudici d’Appello, in primo luogo, attraverso una interpretazione letterale restrittiva della norma, ritengono assolutamente ininfluente il presupposto dello “stato di abbandono del minore” richiamato nelle motivazioni della sentenza di primo grado, in quanto, stando al significato letterale dell’art. 44 co. 1 della legge 184 del 1983, l’adozione di un minore può essere pronunciata nei casi particolari sia che ricorra, sia che non ricorra l’accertamento dello stato di abbandono.

In secundis la Corte d’Appello realizza una lettura sistematica dell’intera normativa sulle adozioni, richiamando l’art. 57 n. 2 della Legge in esame, che stabilisce come criterio principe ai fini dell’adozione l’interesse del minore in ogni singolo caso. La Corte evidenzia come «non si tratta di introdurre ex novo una nuova situazione giuridica inesistente, ma di garantire la copertura giuridica a una situazione di fatto in essere da anni nell’esclusivo interesse di un bambino (…) Assume rilievo determinante la circostanza che la famiglia esista non tanto sul piano dei partners ma con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio». I giudici richiamano espressamente il concetto di vita familiare affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Corte di Cassazione di recente, ovvero “una definizione di vita familiare ancorata essenzialmente sui fatti” considerando meritevoli di tutela non le condizioni giuridiche bensì “i rapporti, i legami, la convivenza”.

Dott. Ettore Salvatore Masullo