Rapina con pistola giocattolo: è reato?

Si deve ritenere, infatti, che, ai fini della configurabilità dell’aggravante della minaccia commessa con armi nella commissione della rapina (art. 628 c.p., comma 3, n.1) o della estorsione ( art. 629 c.p., comma 2), ciò che conta è l’effetto intimidatorio che deriva sulla persona offesa dall’uso di un oggetto che abbia l’apparenza esteriore dell’arma, in quanto tale effetto intimidatorio è dipendente non dalla effettiva potenzialità offensiva dell’oggetto adoperato, ma dal fatto che esso abbia una fattezza del tutto corrispondente a quella dell’arma vera e propria (…) cosicché possa incutere il medesimo timore sulla persona offesa. “

Questo è quanto affermato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 16366/ 2016, depositata in data 20 aprile u.s., a conferma di quanto già precedentemente statuito dalla Corte d’Appello di Napoli.

La Corte Territoriale, infatti, aveva confermato la decisione del Giudice per le indagini preliminari, relativamente alla responsabilità, dell’allora indagato, per rapina a mano armata, posta in essere attraverso un’arma giocattolo, ai danni di una coppia appartatasi in automobile a tarda ora.

L’imputato ha allora reagito proponendo ricorso per Cassazione e facendo valere, in primis, la violazione di legge e l’illogica motivazione per avere la Corte d’Appello considerato comunque, nella determinazione della pena, l’aggravante dell’arma, sebbene si trattasse per l’appunto di una pistola giocattolo.

Ebbene, i Giudici di legittimità, hanno dichiarato manifestamente infondato il suddetto motivo, osservando come la pretesa di escludere l’aggravante, data “l’inesistenza” sostanziale dell’arma, si ponga in contrasto con una consolidata giurisprudenza facente capo alla Corte medesima. Di fatti, in passato, le Sezioni Unite hanno avuto modo di osservare come l’utilizzazione di tale tipo di giocattolo, al di fuori della propria area abitativa, assuma rilevanza penale se e soltanto se, mediante “l’arma”, venga posta in essere una condotta attestante un elemento costitutivo o una circostanza aggravante.

La Corte ha inoltre colto l’occasione, nell’asserire l’infondatezza del secondo motivo di ricorso proposto dall’imputato, per chiarire l’esatto ambito di applicabilità dell’aggravante della “minorata difesa” ex art. 61 n.5 C.p.p.

I Giudici hanno chiarito come, affinché possa considerarsi sussistente l’attenuante di cui sopra, risulta necessario procedere a considerare nel loro insieme tutte le circostanza afferenti il caso contingente. E cosi, nel caso di specie, i Giudici d’appello, non si erano limitati a considerare, ai fini dell’aggravante, soltanto il fatto che il reato si fosse verificato di notte, ma avevano tenuto in conto tutta una serie di ulteriori elementi tra i quali il fatto che le “vittime” si fossero appartate e fossero in una situazione di inferiorità numerica, tale che la difesa, da parte loro, poteva dirsi concretamente ed effettivamente ostacolata. Non è essenziale invero che “tale  difesa si presenti impossibile (…) essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata”.

Dott.ssa Daniela Mongillo